Tharamys

SIRACVSA (pars II)

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Il dio nel mosaico si mosse, o almeno questo credette il vecchio scienziato, ma fu un movimento ben strano: la figura appariva sempre sotto forma di tessere del mosaico, piatta, come proiettata su un piano che si era leggermente inclinato rispetto alla parete. Archimede credette di essere vittima di un’allucinazione, anche perché il centurione era immobile al punto da sembrare una statua. Apollo compì una rotazione, ma lungo un’asse che lo scienziato non riuscì a seguire e subiyo dopo gli apparve solido, le tessere del mosaico svainivano ai margini della sua figura, come a seguire una direzione che poteva essere intuita, ma non osservata.
«Sei stupito mortale?» gli chiese il dio.
«Onestamente si!» fu la sincera risposta di Archimede che, in quel momento, stava affrontando una serie di rivelazioni sconvolgenti, non ultima scoprire che un mosaico aveva preso vita e gli stava parlando.
«Resta concentrato su quello che stai osservando, mio anziano adoratore» rispose il dio «o perderai l’equilibrio, cadrai oltre le tue quattro dimensioni e intraprenderai un viaggio di sola andata verso gli inferi, talmente rapido che vi giungerai prima di Ade stesso. Non muovere i tuoi piedi, pensa solo di farlo: è importante» sottolineò l’essere «poiché è stato il tuo pensiero che ti ha condotto qui e vi rimarrai solo finché sarai in grado di vedere attraverso la tua mente questo luogo che hai raggiunto grazie a essa… e alla spada del centurione»
«La spada?» chiese Archimede sorpreso.
«Direi che è stata provvidenziale, mortale, il tuo subconscio… oh, scusa, volevo dire il tuo istinto ha percepito l’attacco del centurione e ha disperatamente ordinato a tutto te stesso di ruotare per evitare il colpo; non avresti mai potuto voltarti in tempo data la posizione che occupavi lungo le prime tre dimensioni, ma avevi appena scoperto l’esistenza delle altre poiché sei riuscito a immaginare i sei piani perpendicolari: l’ έξίχωρίον (exicoriòn), come mi piace chiamarlo» spiegò Apollo, mantenendo lo stesso tono che un meteorologo impiega quando parla del clima.
«E dato che una di quelle nuove direzioni che hai intuito è quella in cui si estendono i… uhmm… chiamiamoli pensieri, giusto per non confonderti con termini sconosciuti, il tuo pensiero ti ha permesso di “schivare il colpo” lungo la nuova direzione appena scoperta… e appena in tempo, un attimo di esitazione e saresti morto ad opera di quella spada»
Caio vide il suo bersaglio ruotare in una direzione che i suoi occhi non riuscirono a seguire divenendo dapprima piatto, poi una linea sempre più sottile e corta, fino a svanire; proseguì nel suo affondo tentando di seguire il vecchio e colpì il muro proprio sulla congiunzione delle pareti. La lama penetrò nell’intonaco come se quest’ultimo fosse stato meno palpabile dell’aria, sprofondò fino all’elsa e continuò la sua corsa, seguita dal braccio e poi da Caio stesso lungo una direzione che gli occhi non riuscivano a seguire. L’uomo gridò per lo spavento e perse la presa sull’arma nel tentativo di afferrarsi a qualsiasi cosa, pur di non essere inghiottito da quella fessura oscura e gelida che era improvvisamente apparsa là dove prima si trovava il vecchio.
Archimede vide la spada del centurione passargli accanto innocua, e proseguire il suo viaggio verso il nulla.
Il centurione, nella stanza, si ritrovò col braccio incastrato nel passaggio tra le dimensioni, gelido come le acque dello Stige, mentre i suoi commilitoni vedendolo finire risucchiato dal muro furono presi dal panico e fuggirono via terrorizzati.
«Ho capito» proseguì Archimede come se nulla fosse accaduto «ma se la quinta direzione posta ad angolo retto rispetto alle altre quattro è il pensiero, cos’è la sesta? Il semplice fatto di trovarmi qui mi dice che la mia intuizione è stata corretta: le dimensioni sono almeno sei» rispose lo scienziato, mentre la sua mente riprendeva, stavolta con prudenza e senza perdere distrarsi dal compito che gli aveva suggerito Apollo, a esplorare tutti i nuovi concetti che appena scoperti… accorgendosi solo in quel momento che “Apollo” aveva perso l’aspetto che aveva nel mosaico e ora sembrava più un uomo che un dio.
«Si» rispose Apollo «sono molte, almeno 42, la maggior parte delle quali è arrotolata su se stessa, ma non risponderò alla tua domanda: preferisco che tu lo scopra da solo; sei intelligente e meriti rispetto per questo, sono certo che troverai la risposta nel tempo che ti resta da vivere e che la troverai soddisfacente»
«Tu non sei un dio» fu la risposta dello scienziato «sei come me… e non hai trovato una soluzione finora, ma ti aspetti che sia io a trovarla!»
«Quasi esatto, mortale: delle tue affermazioni una è corretta… e ora è tempo che tu faccia ritorno allo spazio che hai abbandonato. Ho portato io luce e calore in questo… uh… luogo, si stanno esaurendo velocemente»
Solo allora Archimede notò che i loro respiri andavano condensando, come durante le mattine d’inverno più fredde e che si stava facendo buio.
«Hai ragione, so come fare per tornare» disse lo scienziato, quest’ultimo osservò nella luce che diveniva sempre più fioca la mano del centurione, ora priva della spada, dimenarsi attaccata a un braccio irto di peli che proveniva da una direzione che i suoi occhi non riuscivano a seguire. La afferrò, chiuse gli occhi e semplicemente immaginò il braccio attaccato al corpo come doveva apparire, nella direzione corretta.
«Addio Archimede da Siracusa» furono le ultime parole di Apollo mentre si allontanava in una direzione che dava le vertigini anche solo a immaginarla.
Archimede, la tunica coperta di brina, ruzzolò addosso al centurione come se fosse stato appena rigettato dall’angolo tra le mura.
«Oh dei, avevo ragione, dunque!”» esclamò, lo sguardo perso a contemplare la meraviglia che si nascondeva appena oltre la realtà circostante, incurante delle imprecazioni di Caio Terenzio che si stringeva il braccio semi-congelato al petto.
«Sono io Archimede”» aggiunse il vecchio, raggiante, rivolto al centurione «e se mi lasci in vita ancora un po’ so dove trovare del vino che ti scalderà per bene»
«Non occorre, ne avrò a sufficienza quando ti avrò accompagnato dal console» gli rispose il romano, ancora sconvolto e incapace di comprendere cosa fosse accaduto « …appena i miei uomini smetteranno di scappare come conigli»
Mentre si dirigeva all’accampamento dei Romani scortato dal centurione, Archimede sognava a occhi aperti: quarantadue dimensioni? Alcune arrotolate? E con una serie di numeri posso individuare qualsiasi punto… si ma il punto tra l’uno e il due come lo identifico? E prima dell’uno che ci metto? Il piano è infinito se lo divido con due rette perpendicolari e metto l’uno al centro devo trovare qualcosa per distinguere i numeri che stanno prima dell’uno da quelli che stanno dopo… e le quantità minori di uno? “Nessuna quantità” è sicuramente minore di uno, ma come faccio a mettere il “nulla” all’origine di un piano? Potrei rappresentarlo con un cerchio… una “Ω”, ma forse dovrei usare una “α” e se una successione infinita di rette genera un piano, cosa genera una successione infinita di piani?»
A quest’ultima domanda la risposta fu quasi automatica:
«infiniti piani generano uno spazio, capisci?”» disse rivolto al centurione, come se fosse la cosa più naturale del mondo; l’uomo lo guardava di traverso, cercando di non incrociare il suo sguardo: nei diciotto mesi che avevano preceduto la caduta di Siracusa le macchine realizzate da quell’uomo avevano sollevato e affondato intere navi in un sol colpo, scagliato proiettili con gittate inimmaginabili e appiccato incendi a distanza come per magia. Nel suo orizzonte ristretto aveva una gran voglia di uccidere l’uomo che aveva causato la morte di tanti suoi compagni e l’ordine del console riportatelo sano e salvo, ne va della vostra vita non gli facilitava certo il compito di resistere dal trucidarlo seduta stante, ma esisteva anche la ricompensa per quel soldato che avrebbe condotto lo scienziato al sicuro presso la tenda di Caio Marcello.
Archimede era in estasi: aveva appena scoperto un modo per descrivere l’universo con un grado di precisione virtualmente perfetto, aveva trovato un modo per visualizzare un impossibile oggetto con vertici di sei spigoli posti ad angolo retto tra di loro e fantasticava sui nomi per la successione di infiniti spazi necessari per creare uno spazio a quattro dimensioni, infiniti spazi quadrimensionali per crearne uno a cinque e poi a sei, in una successione apparentemente illimitata.
«Esa-spazio» disse ad alta voce, ignorando la reazione del centurione «no, non mi piace, non rende l’idea che aveva Platone al riguardo”» il matematico rimproverò se stesso per non aver pensato subito all’illustre collega «lo spazio oltre tutti gli spazi possibili”» continuò Archimede «deve essere lo spazio perfetto e incorruttibile, come l’iperuranio: il cielo delle stelle fisse… potrei chiamarlo iper… iperspazio!»
Caio Terenzio abbandonò ogni tentativo di comprendere l’incomprensibile soliloquio dello scienziato: non vedeva l’ora di consegnarlo al console. Il centurione trovava niente piacevole avere Archimede accanto: quando non blaterava frasi incomprensibili su spazi a n-dimensioni, sulla difficoltà di applicare il metodo per esaustione o altri argomenti ancora più ostici da comprendere, vedeva lo sguardo di Archimede osservare estasiato le nicchie delle porte e gli spigoli degli edifici.
A volte barcollava e Caio doveva sostenerlo, in un paio di occasioni gli era parso di vederlo ruotare come poco prima che il muro lo inghiottisse in quella pazzesca morsa gelata e la sua mano correva all’elsa del gladio che aveva perduto. Archimede non aveva l’aspetto di uno che vede la propria città distrutta e saccheggiata: pareva più come un uomo di fronte a una schiava molto bella, molto attraente e molto nuda.
«È impazzito» concluse scrollando la testa.
Archimede lanciava occhiate ovunque per cercare i passaggi dimensionali tra gli angoli: a volte sottili come righe, a volte più ampi e curvi in un modo che dava le vertigini, specie se la casa era vecchia; tutti i passaggi erano oscuri, seguivano direzioni che gli occhi faticavano a seguire e nei quali, evidentemente, nemmeno la luce riusciva a penetrare. Recessi occulti e diretti verso un luogo che fino a quel momento era stato accessibile solo agli dei… e chissà a quali altre creature.
Solo allora cominciò a preoccuparsi seriamente di cosa avrebbe potuto trovare dietro la porta di casa.

Postfazione dell’autore

Giocare con la storia non è semplice. Questo racconto doveva essere la “prima pietra” di un’ambientazione ucronica in cui Archimede sopravvive all’assedio di Siracusa e cambia completamente la storia. Porta una nuova tecnologia nel mondo antico che consente di sfruttare i passaggi tra le dimensioni, un po’ come i mostri di lovecraft, e… be’ tra le altre cose riuscire a fronteggiare un’invasione aliena tirando pilum tra i motori delle navette degli omini verdi. Sulla carta sembrava facile, ma la difficoltà stava nel reperire informazioni storiche attendibili circa istituzioni, stili di vita e molto altro che quando ho dato vita al progetto non esistevano se non su qualche tomo polveroso nascosto nei meandri della Biblioteca Centrale. Oggi con internet è molto più semplice, senza contare che c’è Alberto Angela a raccontare vita, morte e miracoli dei popoli antichi, magari prima o poi riprenderò in mano il progetto.
Se lo ripubblico qui è perché qualche tempo fa un gentiluomo ha tentato di spalarmi contro qualche quintalata di fango recensendo questo racconto su amazon. Si era ben reso conto che di tutto il materiale (poco) pubblicato sulla piattaforma questo non ha mai ricevuto editing. E infatti non si è azzardato a sparare critiche sugli altri lavori. In dieci anni che sono passati dalla stesura di Siracusa e quella dello Specchio di Nadear il mio stile e le mie capacità sono molto cambiati (in meglio, voglio sperare), ma il tapiro che mi ha lasciato la sua recensione negativa ha commentato così:
“Un estratto così breve dovrebbe contenere un testo ben scritto, privo di errori e/o omissioni. Invece, proprio l’incipit che dovrebbe incuriosire e invogliare il lettore a continuare la lettura, presenta pasticci e ingenuità proprie del dilettante. Consigliamo all’autore di farsi editare il testo da un professionista e nel frattempo gli facciamo notare a titolo gratuito, dove dovrebbe intervenire. Per prima cosa l’autore dimostra di non conoscere cosa è una “d” eufonica. Basterebbe un buon manuale di scrittura o anche una ricerca in internet per correggere questo odioso difetto che disturba il lettore. Vedi “ed i soldati/ed i suoi preziosi”. La “d” si mette solo quando la parola che segue è della stessa vocale. Speriamo di essere stati sufficientemente chiari. Seconda lezione di scrittura: le ripetizioni inutili. Il testo è pieno zeppo di queste ingenuità, che senso ha scrivere: “sollevare navi/incendiare navi” nello stesso paragrafo? Ci vuole un po’ di rispetto per il lettore che è dotato di intelletto e non merita di sentirsi ripetere le cose fino allo sfinimento. Ma andiamo avanti. I dialoghi. Per quale motivo uno presenta la maiuscola e l’altro inizia con l’iniziale minuscola? Sono a piacere? Come viene viene? Suvvia, ci sono delle regole da seguire, esiste la grammatica, la sintassi e tante altre belle cosette. Non abbiamo ancora finito la lezione. Lo sa l’autore che esistono le virgole? Eh sì, qualcuno le ha inventate e talvolta devono essere usate. Vediamo dove: “prima di ucciderlo (virgola) perché” e anche qui “i suoi concittadini (virgola)”. Per finire altra regola disattesa e qui una stellina la merita tutta. Come si fa a scrivere “si” invece di “sì”? C’è una bella differenza! Ci fermiamo qui e facciamo tanti auguri a questo autore, perché ne ha bisogno.”

Se questa recensione fosse giunta 10 anni fa, quando ho scritto Siracvsa, l’avrei apprezzata moltissimo: per scrivere queste righe ha impiegato più tempo di quanto io ne avevo dedicato, all’epoca, alla scrittura del racconto. Sentirmi dire che oggi scrivo male come nel 2013 non mi ha fatto piacere. Per carità sto ancora facendo gavetta, anche se l’ultimo libro che ho scritto (finalmente) ha avuto bisogno di meno revisioni, anche se pure stavolta non son riuscito a chiudere il lavoro con meno di cinque stesure. Però mi ha dato l’impressione che il redattore di cotanta critica (oltre a sbagliare egli stesso l’uso delle virgole separando un incolpevole predicato dal suo amato soggetto) volesse in primis attaccare il sottoscritto. E in effetti è stato proprio così. A gennaio dello stesso anno una mia amica era stata colpita da una recensione ingiustamente negativa per un romanzo di fantascienza, sebbene fosse stato scritto come si deve a partire da ortografia e sintassi.

Allora dopo aver individuato il profilo del picconatore, un sedicente “utente amazon”, riuscii a scorrere l’elenco delle sue recensioni poiché non aveva blindato il profilo. Ho scorso tutte le recensioni che aveva dato e ne ho  selezionate alcune a 5 stelle sospette. Là dove gli altri utenti davano 1-2 stelle, talvolta 3 lui metteva 5 stelle e lodi sperticate.
Così sono andato a guardare e… sorpresa: erano recensioni totalmente avulse dal contenuto. Messe solo per invogliare l’acquisto e sottolineate da 5 stelline. Allora segnalai le recensioni e profilo fraudolenti e dopo poco sparì tutto. Per bilanciare la cosa lasciai una recensione quanto più onesta dei libri segnalati, incoraggiando e sostenendo gli autori a fare di meglio e a rivolgersi a un editor competente.

L’idea era proprio quella di stuzzicare il recensore fantasma e farlo tornare allo scoperto. Cosa che puntualmente è avvenuta. Mi aspettavo l’attacco su uno dei romanzi pubblicati come Self, non su un raccontino di 11 pagine, ma così è stato e avrei dovuto prevederlo: il testo di Siracvsa avrebbe bisogno di qualcuno diverso da me per essere corretto come si deve, gli altri sono stati editati.  A ogni rilettura trovo sempre qualche errore. Così quando mi sono accorto che c’era una recensione negativa su Siracvsa erano passati già sei mesi. Non tutto il male vien per nuocere: in sei mesi il tapiro aveva ricreato l’account e recensito centinaia di libri, ma aveva anche blindato il profilo così da rendere impossibile per gli altri capire cosa a veva combinato stavolta. Poco male. Di nuovo ho segnalato il profilo fraudolento e… be’, neanche ad Amazon piace vendere merce mal recensita. Aumentano i resi e i clienti insoddisfatti. Il profilo è stato bloccato e siccome era blindato stavolta non posso lasciargli alcun indizio del fatto che sono stato ancora io a rompergli le uova nel paniere.
Glielo dico ora: «Sono stato io. Io ti ho segnalato e dovessi accorgermi che stai di nuovo truffando i lettori di amazon con le tue false recensioni troverai me e tutti i miei amici pronti a cliccare su “segnala” fino a farti chiudere nuovamente l’account».
Ormai ho imparato: se un libro è fatto bene o presenta pochi difetti, va difeso e promosso. Se è scritto male vale il silenzio e un messaggio allo scrittore, in privato, dove gli si racconta cosa funziona e cosa no. In entrambe i casi si rimedia un buon contatto e un potenziale acquirente per il prossimo libro.

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