Tharamys

Scene dinamiche 3 – Le azioni gratuite

Credits: SpegniIlComputer – redbubble.com

Coinvolgere il lettore

Quello che vedete in foto è un poster in vendita presso il sito linkato all’immagine e raffigura un personaggo iconico dei videogiochi: Guybrush Threepwood. Da piccolo voleva diventare un TEMIBILE pirata, e poi è rimasto piccolo e si è ritrovato tra le mani di Ron Gilbert che lo ha infilato nel primo “epico” titolo della Lucas Art: The secret of Monkey Island. Al riguardo ho scritto un raccontino dove metto in atto un po’ tutto quel che ho utilizzato in questi tre articoli. Uno dei punti di forza del gioco è il “duello a insulti” dove l’azione di scherma procede a vantaggio o svantaggio del protagonista grazie allo scambio di battute. Se leggete il testo che “disegna” l’eroe mentre impugna la sua sciabola, troverete una serie di “botta e risposta” divertenti, ma che inserite nel contesto del gioco diventano esilaranti al punto da stendere il giocatore sul pavimento travolto dagli accessi di risa. Naturalmente commedia e parodia erano alla base della storia narrata e dunque tutto era meravigliosamente coerente e continua a funzionare ancora oggi tanto che la trilogia di Monkey Island vende ancora (menzione speciale per i primi due titolo, uno più divertente dell’altro).

Vediamo di capire come funzionano, perché non si tratta solo di battute.

Le azioni gratuite

Se ne possono avere quante ne occorrono e vanno infilate là dove il personaggio ha tempo, ovvero in uno qualsiasi del 100 segmenti dove non ci sono azioni di altri personaggi.
Perché sono importanti? Perché aiutano a caratterizzare i personaggi. La pipa di braccio di ferro, i suoi tatuaggi a forma di ancora sono una “firma” sufficiente per far capire, nella narrazione di una rissa, a chi appartiene un pugno che arriva da qualche parte. La sigaretta di Jigen, il suo cappello possono far capire al lettore chi è l’uomo col fucile appostato su un tetto prima ancora che compaia il suo nome. Le azioni gratuite, quelle che i personaggi possono fare senza perdere l’iniziativa sono così: permettono all’autore di mantenere l’identità del personaggio, far capire chi è che fa cosa, senza bisogno di citare il nome o usare altri stratagemmi. Sempre le azioni gratuite permettono di far arrivare informazioni a un personaggio in modo da giustificare l’azione successiva, come un cambio “repentino” di un’azione di attacco in una di difesa istantanea. O una di difesa in un attacco di opportunità, eccetera. Ancora le azioni gratuite consentono di introdurre creare suspence mettendo il lettore a conoscenza di fatti che il protagonista conoscerà solo più avanti, o viceversa colmare un gap di informazioni note ai personaggi e non al lettore… insomma sono utilissime.

Esempi di azioni gratuite

Usare i propri sensi, leggere l’ora, pensare una parola (magari quella che permetterà all’eroe di capire come risolvere lo scontro), aggiustarsi i capelli ecc… sono tutte azioni gratuite, cioè si possono inserire in una scena senza rallentarne il ritmo. Nel racconto che ho indicato non ce ne sono molte, perché si trattava di un contest da 3000 battute e dovevo fare grande economia di parole per raccontare un duello. Però ci sono, specie all’inizio quando i due si scambiano le battute iniziali. Guybrush abbassa lo sguardo e il maestro ride. Poi diventano addirittura la chiave per raccontare l’andamento dello scontro. Prima Guybrush, dopo essere stato colpito dalla battuta “combatti  come un contadino” replica con un “attacco totale” contro il maestro che finisce con un attacco di opportunità da parte di quest’ultimo. “Combatti come un contadino” è una azione gratuita. Nei round successivi lo scambio di battute diventa prevalente rispetto ai colpi descritti con termini tecnici della scherma e al lettore il compito di documentarsi o godersi la scena così com’è venuta.

Vedo molti autori alle prime armi perdersi dietro cose come:
Tizio scattò in avanti, tre righe di descrizione di armi ed equipaggiamento, e poi calò la spada in un fendente micidiale, mentre Caio alzò la guardia, altre settordici parole per descrivere l’equipaggiamento -di Caio- e poi finalmente alzò lo scudo per deviare il colpo e spingere via l’avversario.
Nel frattempo mi sono addormentato.
Se hai lavorato bene il lettore arriva già allo scontro che conosce benissimo sia Tizio, che Caio o comunque li scopre un round dopo l’altro. Più o meno come avviene in “Temible” su questo stesso sito.

Utilizzi delle azioni gratuite

«Hey-tu-porco-levale-le-mani-di-dosso» la voce gli uscì come se avesse letto i salmi in chiesa, ma ritenne che come messinscena poteva andar bene lo stesso. Un moto di rabbia lo attraversò nel vedere Marty così appiccicato a Lorraine.
«Guarda che hai sbagliato macchina McFly» la voce di Biff Tannen gli gelò il sangue nelle vene. Quello che aveva davanti non era Marty e ora si ritrovava davanti un guaio grande, grosso, infuriato e con i pugni grossi come meloni.

Se non hai mai visto Ritorno al Futuro fallo: è uno di quei film anni ottanta che, al pari di Ghostbusters, è invecchiato molto bene. Lo spettatore arriva a questo punto che conosce benissimo i dettagli di tutti i personaggi e ci vuole un attimo per capire la situazione e mantenere l’empatia col povero George McFly.

Una battuta breve tipo “oh peste!” nei fumetti di Nathan Never preannuncia l’ingresso in scena di Legs Weaver.
Un elemento di caratterizzazione come un tic (tipo la Balbuzie di Sigmund, nei primi albi di Nathan Never); un gesto rituale come “Groucho, la pistola!” e sappiamo che tra un attimo nelle mani di Dylan Dog arriverà la fedele arma risolutiva. La caratterizzazione è fondamentale nelle scene concitate, permette di velocizzare il ritmo della narrazione. E la puoi sfruttare per mantenere l’identità dei vari personaggi nelle scene di massa, specie se con millemila azioni che avvengono “quasi” in contemporanea, senza rallentare il ritmo e annoiare il lettore.

Nel diagramma di GANTT di poco prima precedono sempre o addirittura sostituiscono l’azione principale che viene raccontata invece che mostrata, tanto la battuta si è rivelata efficace.

Conclusione: sembra tanto lavoro. Preparare il materiale per la scena (schede personaggi, schede dei luoghi), costruire la scaletta usando un diagramma di Gantt e le regole di uno o più giochi di ruolo, infine scrivere tenendo a mente tutto questo. È questione di esercizio e poi riuscirai a eseguire a mente la maggior parte dei passaggi.
Io uso i giochi di ruolo perché ho 25 anni di esperienza e studio sul campo, ma se tu hai talento per il disegno potresti disegnare a mano uno schizzo delle varie scene e basarti sui disegni invece che sul gantt e le schede. Oppure potresti scrivere una sceneggiatura e poi, invece di filmarla, narrarla attraverso un libro (e qui si sfocia nella progettazione narrativa tanto cara a parte degli autori che si incontrano in giro), o ancora potresti eseguire tu ogni singola azione, magari davanti allo specchio o con l’ausilio di una telecamera e di qualche accessiorio come una spada di legno o la replica inerte di una pistola. 
Funziona uguale eh? Purché ti sia chiaro che non basta buttar giù due righe per descrivere una scena dinamica. I primi romanzi di Clive Cussler erano tutti ambientati sott’acqua e le scene d’azione più coinvolgenti avvenivano sotto la superficie, perché? Perché Clive era un subacqueo molto esperto e aveva una conoscenza ben collaudata di quell’ambiente. Poi man mano che la sua esperienza di scrittore crebbe, si avventurò anche fuori della sua zona di comfort e “Il Cacciatore” è un bell’esempio di come un autore navigato come lui ha potuto affrontare in modo molto convincente anche situazioni ben al di fuori dal suo ambiente preferito. La descrizione del terremoto del 1906 dal punto di vista di un personaggio che si trovava a San Francisco è una delle più belle e coinvolgenti che abbia mai letto.
E Cussler aveva altri sistemi per raccontare le scene dinamiche, lui scriveva di getto e lavorava per approssimazioni successive.

Non solo duelli

Come forse hai intuito le scene dinamiche non sono solo duelli & risse. Il professor Jones alle prese con i trabocchetti messi a protezione dell’idolo d’oro è una concatenazione di scene dinamiche dove ogni trappola è un avversario. Bilbo nella tana di Shelob, prima di incontrare Shelob stessa, è già una scena dinamica dove il povero hobbit deve liberarsi e cercare una vida di fuga. I tempi sono dettati da quanto Bilbo si affanna a liberarsi e a cercare l’uscita mentre la gigantesca creatura si affretta a raggiungerlo per bloccarlo e mangiarselo. Il modello usato da Tolkien è un altro (una sorta di mini viaggio dell’eroe con tanto di climax e finale condensato in un capitolo), ma anche quello che ho suggerito io a turni e azioni permette di analizzare la scena e riscriverla, magari per creare qualcosa di nuovo.

Questo articolo, insomma, ti ha descritto UNO dei tanti strumenti possibili che puoi usare per gestire una scena molto movimentata senza far perdere il lettore tra settordicimila personaggi che se le danno di santa ragione. Quale che sceglierai sarà senz’altro il più adatto per te.

Aspetta un momento: e quando il proiettile va a segno? E quando le lame si incrociano? Che succede?

Ho volutamente omesso questa parte per un buon motivo. La determinazione dell’esito di uno scontro in base alle caratteristiche dei personaggi coinvolti dipende strettamente dal metodo usato.
C’è chi immagina la scena e la descrive come la vede nella propria mente, c’è chi usa i pupazzetti, chi come me usa uno o più regolamenti presi da vari giochi di ruolo e chi ancora è esperto nell’uso di armi e armature o ha altre esperienze ancora che gli consentono di raccontare cosa succede.
In questa serie di articoli ti ho parlato soprattutto del ritmo della scena, quando inserire descrizioni, dialoghi, azioni e così via di modo che tutti i partecipanti al conflitto, siano essi mostri, umani o quasi, macchine o trappole micidiali, abbiano un ruolo e il lettore ne sia consapevole. Come renderai ogni cosa attraverso le parole… eh, dipende da te!
E allora a che è servito?
Be’, a evitare di scrivere una scena dove l’eroe di turno fa tutto e agli altri rimane solo un unico ingrato compito: prendere un fracco di mazzate e/o morire. Ti sembrerà una cavolata, ma: proprio in questo periodo sto editando il racconto di un amico ambientato in un carcere. C’è una rissa e da quello che racconta sembra che il protagonista abbia affrontato tre uomini armati a mani nude senza che questi potessero fare altro che pigliarsi una raffica di calci e pugni che manco Ken Shiro.

Viceversa se l’avversario è raccontato con la stessa intensità del protagonista la scena prende vita e il lettore tratterrà il fiato invece di rilasciarlo tutto insieme in un unico, rumoroso, sbadiglio.

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