Tharamys

Luci di Natale

Mentre il mio profilo Wattpad si va svuotando di racconti e riempiendo di pubblicità alla mia scrittura (funziona: il traffico è in aumento e finalmente c’è qualche visualizzazione dei miei racconti) ecco che appare “luci di Natale”, un racconto semiserio sulla solitudine e sullo squallore di tante vite solitarie perse in un’ambientazione a metà strada tra Kafka, Fantozzi e la mia personalissima aggiunta. Ne ho fatto anche un audiolibro, nel caso in cui qualcuno volesse ascoltare. Come attore non son granché, ma l’audio si sente bene.

Ho fame. Ogni anno sempre la stessa storia, ma che posso farci? Io devo nutrirmi, lo faccio anche per voi, dopotutto… tanto fate tutto da soli. Devo solo darvi il “la” e poi comincia la festa.
Buon Natale!
Dite sempre così ogni anno, in questo periodo.
Buon Natale dico anche io, buono soprattutto. Magari al sangue.
Ciao Mario, come stai? Ho visto che oggi ti sei dato un gran da fare: non ti sei messo le pantofole entrando in casa. Come? Hai perfino ignorato le proteste del geometra Razzi, al piano di sotto? Ma dai! Non ci credo! Finalmente! Sarà che è il 24 dicembre e domani è Natale… il Natale ti è sempre piaciuto, anche quando eri bambino, me lo ricordo sai? Mi ricordo di te e di tua madre che ti sgridava quando prendevi a martellate il pavimento… a proposito, faceva bene a rimproverarti: mi facevi un gran male sai? Mi ricordo di quando lei è morta cadendo dalla scala, pensa un po’, proprio mentre decorava l’albero di Natale, proprio sopra al presepe. Era anziana, le sue ossa semplicemente non hanno retto alla caduta: lo schianto l’ho sentito tutto, fin nel mio recesso più intimo. Il crepitio dei femori sbriciolati, la cassa toracica che collassava e perforava i suoi polmoni malandati, la scatola cranica che si spaccava sullo spigolo del tavolino di marmo… non posso avere orgasmi, ma tua madre quando è morta… wow, Mario, sono passati appena 10 anni da allora, ma lo ricordo come fosse accaduto ieri. Purtroppo di mamma ce ne è una sola, ma ti assicuro che potessi farei volentieri il bis.
E tu… esci di corsa sul terrazzino per accendere le luci di Natale esattamente come quando avevi 5 anni. Che tenero! Quando avevi 5 anni tuo padre ti spediva a letto con una scusa qualsiasi e poi restava alzato per vedere le pubblicità delle chat line erotiche. Penoso… in tutti i sensi. Quando lo hai trovato morto, stroncato da un attacco cardiaco ancora col pene in mano te lo ricordi?
Forse no, mi sa che hai rimosso.
Per te ci sono ancora le luci di Natale: quest’anno vedo che hai voluto esagerare. Quelle dell’anno scorso te le ha strappate via il geometra Razzi, come al solito perché infastidito dal carillon, ma tu non lo hai mai voluto sapere: la sera del 24 erano lì, la mattina del 25 PUFF… sparite! Non è stato Babbo Natale, Mario.  Non è stata la sua slitta a impigliarsi nelle luci.
Hai preso parecchio da tuo padre: anche stasera accenderai la tua TV su Hot Club o qualche altro canale per adulti, dopo aver scaldato la tua solita cenetta al lume di microonde.
Non ti sei mai voluto sposare, ma d’altro canto non hai mai cercato nessuna.
E quest’anno hai messo il proiettore laser con il carillon, sta appoggiato sul pavimento del balcone e il geometra Razzi non potrà tirartelo giù con la solita gaffa.
Grazie Mario, mi hai fatto un regalo! Quell’uomo ti odia, ne ignoro il motivo, ma dopo tutto: a me basta che sia così.
Che gusto straordinario l’odio! Mica te lo danno in gelateria, o in pizzeria: puoi ordinare una margherita, una pomodoro alici e origano, ma prova a chiedere “bianca gorgonzola e odio”. Te la immagini la faccia del cameriere? Invece tu me lo stai servendo su un piatto d’argento.
Lo vedo, il Razzi: è lì, accanto alla finestra, con quei suoi occhiali alla “ragionier Filini” spessi un pollice e rincalcati sul naso. Più che vedere sembra che stia spiando il mondo da dietro un buco di serratura, con la libido alle stelle nell’attesa che si spogli.
E adesso è lì, con la sua gaffa stretta in pugno, che aspetta che tu chiuda la serranda e poi aspetterà ancora un po’, per essere sicuro che tu ti addormenterai davanti alla TV quando uscirà sul balcone per agganciare le luci di Natale e tirarle giù perché gli danno fastidio. Solo che non troverà le luci: il proiettore è fuori della sua portata, ma di poco.
Eccolo guarda Mario! Oh se potessi vedere la sua viscida faccetta contratta, dietro quei suoi occhiali da miope, con la lingua in mezzo ai denti che cerca di infilare la gaffa oltre il parapetto del tuo balcone. Il suo odio è qualcosa di palpabile: lo cironda come un miasma malsano, un’aura venefica che avvelena chiunque gli stia vicino.
Sta mettendo un piede, con tutta la pantofola, sul parapetto ecco… flette i muscoli, sfiora il proiettore… oh, che? Mi sono sbagliata? Ah, no, eccolo che cade nel vuoto! Da piccolo sognava di volare, poi da adolescente avrebbe voluto incontrare Marilyn Monroe… pensa che fortuna che ha, Mario! Ora i suoi sogni sono realtà: sta volando e tra pochi istanti incontrerà proprio la Divina in carne e ossa. Ossa soprattutto eppure qualcosa mi dice che, da come annaspa con quella gaffa, ha desiderato per una vita le cose sbagliate.
È un po’ duro accorgersene solo adesso.
Tenta disperatamente di agganciarsi da qualche parte con la gaffa, ma ottiene solo di tranciare i cavi del bucato della signora Perotti, passando dal quarto piano abbatte le begonie della Rossi, al terzo sfreccia velocissimo e per un pelo non decapita Birillo, lo schnauzer del cavalier Bernardi, poi al secondo si aggancia al parapetto con la gaffa, ma ormai è troppo veloce e la gaffa gli scivola di mano e via verso il marciapiede che lo serra in un abbraccio indissolubile e definitivo.
Il suo sangue si è sparso su tutto il marciapiede, si infila tra le commessure del basolato e bagna le mie fondamenta. Il suo odio è ancora lì, amaro e profumato come assenzio.
Peccato, Mario, te lo sei perso per un soffio: se avessi resistito solo un minuto in più avresti sentito le sue urla disperate mentre precipitava.
Finisco di… be’ in realtà non posso farlo, ma sogno sempre di riuscirci prima o poi, dicevo: finisco di leccarmi le dita con l’odio del Razzi, oh che delizia, tu Mario sei il mio dessert e poi dovrò darmi da fare. Ho otto piani, quarantotto appartamenti dei quali due ora liberi e pronti per essere occupati: scegliere bene i miei inquilini è fondamentale per avere la dispensa piena, e io sotto le feste amo i banchetti.
Però che sfortuna Mario! Ora la scena è tutta per il Razzi, invece tu come tuo padre sei perso per sempre davanti a quella TV che non spegnerai più, e siccome hai lasciato la finestra aperta, fino alle prossime piogge nessuno si accorgerà che stanotte hai acceso le luci di Natale per l’ultima volta.

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