Tharamys

Economia del Dungeon

Ovvero come passare da tunnel pieni di mostri alle scollature delle signore e fare pure la figura del saggio.

Chiunque abbia giocato di ruolo conosce la parola “Dungeon” e l’ha da sempre associata ad avventure del tipo EUMATS. Cioè avventure dal seguente plot:

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Però se domandi al Master (la maiuscola è sempre d’obbligo) come mai quel dungeon si trova là, perché c’è una stanza proprio nove metri dopo l’ingresso a destra?
E la trappola a caduta che occupa tutto il corridoio? Perché sta là?
La risposta è desolante: 9 metri per non far vedere agli avventurieri che c’è una porta, ma solo un bivio e la trappola è piazzata proprio davanti la porta perché così loro, distratti dalla situazione, ci cadranno dentro.

Cari figlioli. Fino all’invenzione della polvere da sparo scavare gallerie era un’operazione lunga e, soprattutto, costosa.
In un altro articolo ho spiegato bene i costi della magia e anche l’incantesimo “tramuta roccia in fango” non è un incantesimo semplice. Un mago può convertire un certo volume di roccia in morbido fango e poi farlo rimuovere facilmente dai suoi schiavi o con un’altra magia, ma: gli schiavi mangiano (o muoiono) e creare orde di scheletri servitori, oltre a svuotare i cimiteri della zona in modo sospetto, attrae orde di paladini e altri difensori del (pfui) bene (bene per chi?) desiderosi di massacrare ed eradicare la minaccia rappresentata dall’innocuo maghetto che voleva solo risparmiare sui costi di costruzione della taverna.

Anche dopo che gli esplosivi hanno ridotto i costi di estrazione dei minerali e di scavo dei tunnel, comunque non si scava senza una ragione. Costa più che costruire una casa, dove comunque non ci sono elementi extra e ogni mattone ha la sua ragione d’essere (o la casa crolla).
E allora tornando alla trappola piazzata all’ingresso per farci cadere il party, magari, ci sarà stato anche un meccanismo nascosto che permetteva di disattivarla. Magari qualcuno avrà scritto qualcosa per spiegare agli operai come doveva essere costruita la trappola, quella e le altre disseminate per il sotterraneo. Magari invece di piazzare stanze a caso il sotterraneo ha una storia precisa e una sua precisa ragione d’essere.

Nei miei romanzi Conrad si ritroverà a più volte sottoterra. Ogni centimetro di quei tunnel ha una storia e un motivo preciso. La casa di un Nano, strutture militari dismesse, una cittadella orchesca e qualche altro eccetera. Non si tratta di strutture buttate là solo perché “fa figo” e poi “tanto è fantasy”. Mi è ben chiaro che qualcuno ha scavato quei tunnel e ha speso tempo, denaro e risorse per costruirli. Così come mi è ben chiara la loro funzione e cosa vi accade dentro.
Non lascio nulla al caso: il caso è la firma che lascia il Padreterno quando vuol restare anonimo. Beh, lasciatemelo dire: in questo universo il Demiurgo sono io e non voglio concorrenti tra i piedi.
Ok, basta autocelebrarmi, ma il concetto alla base dell’economia dei dungeon si può estendere a qualsiasi altro ambiente. Per esempio: quante volte avete visto in TV o al cinema una principessa con l’abito allacciato sul davanti e una vistosa scollatura tra i lacci medesimi che sembra messa là per necessità “narrativa” e invece è solo un bieco espediente per tenere incollato allo schermo lo sguardo degli… uh… appassionati?

Ma secondo voi quanto è semplice allacciarsi la veste, con lo stesso tipo di legatura, sulla schiena?
Ecco. Ho ancora gli incubi di quando dovevo allacciarmi e slacciarmi il grembiule di scuola da solo. E secondo voi una nobile principessa deve vestirsi da sola, allacciandosi il vestito sul petto, o ha una o più serve che provvedono alla sua vestizione?
Senza contare che, se l’ambientazione è medioevale, non era il seno la parte più  interessante, ma l’addome.
Quindi: se il film/il telefilm/il libro è fatto bene la principessa avrà un abito più o meno accollato (non dimentichiamoci gli “appassionati”), ma con l’allacciatura sulla schiena, se visibile.
La locandiera, la lavandaia e altre donne di più umili origini lo avranno allacciato sul davanti dato che ben difficilmente qualcun altro le aiuterà la mattina a vestirsi.
Lo stesso discorso vale per gli elementi che rendono caratteristici alcuni personaggi come l’enorme potere che ha Luke Skywalker, o il caratteraccio di Nero Wolfe: i rispettivi autori hanno costruito il background dei loro personaggi lavorando di cesello e i risultati si vedono.
Con il dungeon è facile: disponi gli elementi, ti poni le domande ed eventualmente sposti qualcosa servendoti di gomma e matita, o un cad di qualche tipo (io uso open office draw), è una palestra molto semplice da usare e la gavetta passa che è un piacere.

Esempi di Dungeon da studiare… me ne viene in mente uno: il “Dungeon della Morte” di Riccardo Crosa, ed: Stratelibri. Si trovano ancora delle copie in giro e sicuramente un PDF da qualche parte. Ci sono una 40ina di stanze, trappole mortali con elementi spiegati nei minimi dettagli, ci sono indicazioni sul valore degli oggetti… per dire, una trappola consta di molle d’acciaio che fanno scattare altrettanti spunzoni. È riportato il valore delle molle. In un’altra del bronzo fuso investe i malcapitati. È spiegato tanto come fa il bronzo a rimanere fuso che il suo valore una volta raffreddato. C’è un lago sotterraneo e un intero ecosistema da scoprire, dal plancton assassino fino a terribili squali ciechi. La mia preferita rimane la trappola a farina (provate a entrare in una stanza chiusa, piena di farina, con una torcia accesa… no scherzo: NON FATELO!).

Il tutto tra gag e vignette esilaranti, mentre gli avventurieri muoiono come le mosche.
Se vi capita: vale la pena leggerlo. È istruttivo, oltre che spassoso.

rigorDungeonMorte

Buona scrittura a tutti

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3 Risposte a “Economia del Dungeon”

  1. Questo simpatico articolo è un spunto di riflessione per chiunque si diverta a costruire mondi o avventure fantastiche.
    Io ho sempre considerato l’avventura EUMATS come una sorta di allenamento per insegnare si giocatori le regole di movimento/azioni/combattimento nei gdr, una preparazione all’avventura.
    Non ho mai fatto quel tipo di avventura da giocatrice (mai stata Master), ma in questo senso giustifico chi la crea perché probabilmente non è particolarmente esperto, oppure ha preparato una “cosina veloce” per nuovi giocatori. Non ci sarebbero le grandi squadre di calcio, se non ci fossero dei ragazzino che tirano calci a una palla in un cortile.
    Ho sempre amato le campagne lunghe e complicate, che hanno all’origine una preparazione minuziosa, ma capisco che se hai organizzato un party in una settimana chiedendo ai compagni di calcetto di provare un gioco a loro sconosciuto, non puoi fare diversamente.
    Io al massimo creo mondi da leggere come passatempo, e non mi sentirei di aver fatto il mio dovere, se non avessi la risposta pronta a domande come: cosa ci fa un passaggio a misura d’uomo tra un cortile e un magazzino, sito vicino alle stanze del signore del castello? Non ti annoio con la risposta.
    Adesso però voglio sapere come si fa con la stanza piena di farina e sono curiosissima!
    Hai raggiunto il tuo scopo: voglio quel dannato libro!

    1. Ciao, prima di tutto ti risolvo il dilemma della stanza piena di farina: la stanza è un ambiente chiuso ricco di ossigeno, la farina è un buon combustibile. Per provocare un’esplosione serve solo del calore, neanche una fiamma libera. figurati che può accadere quando entrano i Baldi avventurieri armati di torce in una stanza del genere.
      È una delle trappole più belle che abbia mai incontrato 😁😁😁
      Ora che il DM che c’è in me s’è acquietato aggiungo che l’avventura EUMATS ha proprio lo scopo di allenare il party in vista di una succosa e impenativa campagna.

      Nelle mie storie invece queste avventure devono essere sempre nascoste: il dungeon fine a sé stesso non può esistere, ma serve a mostrare le capacità del protagonista al lettore che può immedesimarsi e concedere così la tanto sospirata sospensione dell’incredulità.
      Quindi, tutto sommato, c’è. Ma è dissimulato in modo da avere una sua ragione di esistere.
      Nella prima storia che ho pubblicato è proprio un sotterraneo, con tanto di prigioni e camera delle torture. Nel secondo è un gruppo di banditi, nel terzo è un inseguimento tra strade e vicoli a rotta di carro… insomma anche nel raccontare una storia ci può stare, ma deve essere perfettamente aderente al contesto, esattamente come lo stretto passaggio di cui parli tu.

      1. Solo una cosa: su come si fa a morire arsi ci ero arrivata anch’io, pensavo si spiegasse come evitare la trappola. Allontanarsi e lanciare la torcia nella stanza non mi sembra una grande idea: si rimarrebbe senza ossigeno prima o poi, e comunque avresti incendiato il luogo da cui devi passare. Spegnere la torcia è, altrettanto, una pessima idea: non sai cosa si nasconde nel buio; inoltre spegnere senza acqua e riaccenderla con accciarino e pietra focaia non è facile come può sembrare… insomma, mi hai messo un tarlo in testa!

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