Tharamys

Chi Sbaglia Paga

Questo breve racconto è una fan-fiction ispirata al romanzo “Zanne – L’eredità del cane” di Piero de Fazio. Raccomando il romanzo senza pregiudiziali: è scritto molto bene. Chi ama il thriller con un po’ di paranormale in mezzo non può assolutamente perderlo.
Nella mia modesta fiction ho infilato il personaggio di un altro amico: Eritreo Cazzulati, il tenero vecchietto creato da Enzo Lunari protagonista di meravigliose strisce sulla defunta “Cuore”. Ancora una volta: basta cercare con google per ritrovarsi innumerevoli vignette esilaranti e dall’umorismo tenero e allo stesso tempo feroce.
Bando alle ciance ecco il “corto”

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Il parco Sempione era popolato da personaggi di tutti i generi, come Eritreo Cazzulati, pensionato. Puntuale come un orologio svizzero, l’anziano signore avanzava pacifico tra i fiori e gli alberi profumati di quella calda primavera meneghina.
A guardarlo somigliava ad un riuscito incrocio tra una tartaruga, il volto segnato dal tempo e la schiena ricurva, e un monaco buddista con l’abito che gli ricadeva addosso, come una manica a vento in un giorno di bonaccia. Di lui ci si poteva scordare tutto: età, rughe, sguardo, ogni cosa tranne il sorriso: era il caldo, allegro e autentico sorriso di una persona felice.
«Scusi signore, ho dimenticato il cellulare a casa, potrebbe prestarmi il suo? Devo chiamare mia madre: se non mi sente entro dieci minuti… sa come sono le madri no?»
Eritreo ruotò lentamente il capo, scrutando il proprietario della voce attraverso lenti spesse un dito incastonate in una montatura dorata. Giovane, più di vent’anni e di sicuro non ancora arrivato a trenta, biondo, gran sorriso e barba sfatta. Lieve puzza d’alcool, ma Eritreo non ci badò più di tanto: probabilmente aveva fatto bisboccia, non era rientrato in casa la notte e adesso aveva bisogno di tranquillizzare i suoi. Senza pensarci tirò fuori lo smartphone che gli aveva regalato suo nipote proprio qualche giorno prima e, dopo averlo sbloccato, lo passò al giovanotto cui provò a dire: «Basta che…»

Il ragazzo gli strappò il telefonino dalla mano, resa quasi diafana dall’età, e corse via sghignazzando «ma che coglione!»

Eritreo continuò asorridere ma, mentre tirava fuori il vecchio cellulare, quello che sichiudeva a conchiglia e aveva i tasti grandi che poteva premere facilmente, il suo sorriso cambiò in qualcosa di affatto rassicurante. Cercò col tatto il tasto cinque e lo schiacciò a fondo e a lungo, avviando la chiamata automatica a tutti i numeri della sua rete di soccorso.

Il ragazzo dopo una breve corsa si ritrovò fuori dal parco, nel bel mezzo del caos di largo Cairoli. Il vecchio non aveva nemmeno tentato di inseguirlo, era rimasto là a gesticolare, ma doveva essere rimasto senza parole per la sorpresa. Ormai era fatta: un altro telefonino aveva definitivamente cambiato proprietario.
Ripeté il gesto che aveva visto fare al vecchio per sbloccare l’apparecchio e si ritrovò a contemplare la ricca dotazione di quel Samsung S8 950G con 64Gb: nuovo costava intorno ai 600 euro, ne sarebbe uscito fuori un bel gruzzolo. In quel momento squillò il telefono: «Pietro (nipote)» lesse sul display. Stava per riattaccare quando gli venne l’idea: gli pareva troppo divertente e rispose. «Risponde la segreteria telefonica del vecchio rimbambito: potete lasciare un messaggio dopo il segnale acustico. PRRRRRRRRR» concluse e riattaccò per poi lasciarsi andare ad una risata sguaiata e appagante.
«Ecco il messaggio: chi sbaglia paga e io mi assicuro che sia così» disse la voce, a ricevitore spento, dietro di lui.
Si girò di scatto, giusto in tempo per vedere una mazza da baseball avvolta nel filo spinato venire in contro alla sua faccia a tutta velocità.

Quando riprese i sensi era stato appena immobilizzato su una barella dai sanitari del118,  sangue rappreso gli imbrattava su tutta la faccia, parte del collo e la camicia. Nel capannello di persone che si era formato attorno a lui non riconobbe nessuno, tranne il vecchietto che aveva derubato. Accanto stava in piedi uno sbirro, un tipo alto un paio di metri, con la stazza di un giocatore di rugby e il sorriso di un pitt-bull. I due si avvicinarono alla barella.

«Un momento» disse il poliziotto ai barellieri che si allontanarono prima di caricare la lettiga sull’ambulanza.
«È proprio lui, Pietro» indicò il vecchietto, la voce tremula.

Lo sbirro non disse nulla, ma estratto il proprio smartphone da una tasca della divisa ci armeggiò sopra per qualche istante.

«Google mi dice che lo smartphone di mio nonno è qui, nel raggio di un metro… ci siamo io, te, mio nonno e l’ambulanza. Le possibilità rimaste sono pochine e tutte a tuo sfavore».
«Non può parlare: ha la mascella frantumata» intervenne il medico da dentro l’ambulanza.
Il giovane, con un piccolo sforzo, riuscì ad allungare una mano fino alla tasca della giacca dove sentiva la presenza dello smartphone e lo consegnò con un sospiro al poliziotto che rispose:
«Probabilmente il ladro lo ha lasciato cadere, lo hai raccolto e, chissà come, sei andato a sbattere perdendo i sensi… è andata così?» sorrise, ma i denti di quell’uomo sarebbero tornati a tormentarlo a lungo nei suoi peggiori incubi.

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