Tharamys

La magia, questa disciplina. Prima parte.

Magia01
Un pentacolo e la scritta in elfico: Anaal nathrakh, urth vas bethud, dokhjel djenve. I più preparati riconosceranno la citazione.

Quando all’inizio de “I razziatori di Etsiqaar” Conrad chiede all’elfa Ivilas come si fa a lanciare un incantesimo, di tutto si aspettava tranne di ricevere una risposta precisa, esauriente e dannatamente poco “magica”.

La spiegazione di Ivilas è precisa, affatto misteriosa:

– Stanotte sono rimasta alzata fino a tardi per preparare gli incantesimi che hai visto all’opera questa mattina – spiegò l’elfa che dovette soffocare una risatina di fronte allo scomposto agitar di mani messo in scena da Conrad – immagina di avere a disposizione le tessere di un domino: le metti in piedi una accanto all’altra con infinita pazienza e precisione; poi le lasci sul tavolo per il tempo che vuoi. Quando dai un colpetto alla prima tessera le farai cadere tutte. Le tessere, cadendo, formeranno il disegno che avevi deciso di realizzare quando le hai disposte sul tavolo. L’attivazione dell’incantesimo è il colpetto iniziale, l’incantesimo il disegno che appare e le lunghe ore necessarie per disporre le tessere il lavoro che c’è a monte e che la gente comune preferisce ignorare, credendo che basti schioccare le dita – aggiunse Ivilas facendo sprizzare una scintilla di magia dallo schiocco – per lanciare un incantesimo –

Dunque un mago, da queste parti, lavora (e pure tanto!) esattamente come un qualsiasi altro lavoratore e si tratta di un lavoro ad alto rischio! Non scordiamoci che l’universo di cui stiamo parlando ha sei dimensioni e nasconde molti pericoli, la maggior parte dei quali invisibile a chi, come gli esseri umani, vive nelle prime tre (altezza, larghezza, profondità) e si sposta lungo la quarta (il tempo ). Come ho detto in altri articoli le dimensioni sono sei, dopo il tempo T ci sono Tau il tempo “ortogonale”, la direzione in cui si propagano enti solo apparentemente astratti come sogni e pensieri e Teh, la direzione degli stati quantici (chi vuol ridere si accomodi, io ancora non ho smesso), da queste parti la regola è: devi avere almeno tre dimensioni e spostarti lungo una quarta per avere un inizio ed una fine. Se poi sei fatto di T, Tau e Teh e ti sposti “temporalmente” lungo l’altezza, per dire, fatti tuoi. Un essere umano non riuscirà a vederti, ma potrai interagire con lui per tutta la tua estensione lungo T e h e avrai la possibilità di percepire buona parte della sua attività cerebrale, se sei dotato di organi di senso adeguati, se non addirittura di influenzarli o, perché no? Di usarli come cibo… a qualcuno è venuto in mente Freddy Krueger?

L’uso della magia, o meglio, attività che si estendono oltre le dimensioni note rendono il mago speciale. Per un momento mettiamoci dal punto di vista di una creatura con più dimensioni che guarda un “mondo” inferiore, come nella storia di Flatlandia. Prendiamo una bella sfera, con la sua superficie popolata da cerchi, triangoli, quadrati e il resto della geometria euclidea, tutti rigorosamente “incollati” ad essa e per quanti sforzi facciamo “intoccabili”, come se fossero ombre.  Adesso immaginiamo che un quadrato scopra che esistono l’alto e il basso e faccia un salto. Ora che s’è staccato dalla superficie lo possiamo toccare! E catturare. Magari scopriamo pure che è buono da mangiare. Povero signor quadrato, che brutta fine… brutta per lui, s’intende e ottima per noi (slurp)!

A molti maghi accade qualcosa del genere.

La storia è piena di maghi che hanno sbagliato qualcosa e che hanno pagato a caro prezzo il loro errore… come lo stesso Colle Ondoso, del resto o Qar nonostante la sua grande esperienza in materia.

Dunque un “mago” è una persona che riesce ad influenzare le leggi fisiche mediante del lavoro, sia esso tracciare simboli, fare gesti, dire parole, predisporre una o più reazioni chimiche eccetera, ma il risultato è che “innesca” un meccanismo connesso alla struttura del continuum spaziotemporale 6d in cui vive. Di questo complesso meccanismo solo la parte che emerge nelle tre dimensioni e si propaga lungo il tempo è percepibile, il resto è occulto in tutti i sensi.

In conclusione fare il mago è un lavoro, duro, pericoloso e… incredibilmente affascinante per chi lo pratica. Affascinante tanto da spingere il signor Quadrato di cui sopra a scoprire l’alto e il basso.

Qualcuno potrebbe obiettare che “questa non è più magia, ma è scienza” e io rispondo: dipende. Dipende da come si racconta una storia, dipende da quel che si è portati a credere. La spiegazione di Ivilas sarà stata poco magica, ma c’erano tante balle di fieno che fluttuavano nell’aria e il fienile pareva diventato la borsa di Mary Poppins. Dipende cosa fai e cosa racconti. Un altro esempio, che non riguardi Conrad, stavolta: prendiamo il caso di Bryn Myrddin, lo Smeriglio. Lo Smeriglio è un falchide, un parente stretto del nibbio ed è anche il nome che il piccolo popolo diede ad un giovane estremamente dotato, che poi divenne il mago per antonomasia. Nella letteratura anglosassone nominare Myrddin equivale a scomodare una leggenda ingombrante, ma… tradotto nell’italico idioma Myrddin avrebbe acquisito un suono poco eufonico e quindi fu trasformato in Merlino. Dallo smeriglio al merlo… in apparenza ha perso un po’ di fascino. Potenza del marketing, il nome piacque talmente tanto che riattraversò la manica e Merlin si chiama il mago che insegna al giovane Semola, ne “La spada della roccia”.
Però se quel giorno il traduttore avesse “italianizzato” Myrddin secondo le regole, ditemi: avreste davvero considerato “magico” un mago di nome Merdino?

 

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