Tharamys

I rischi della magia: la lezione delle navi volanti

In tutti i miei racconti si parla sempre di carovane. Damien Ludrò, il “cattivo” che agisce nell’ombra, si sposta a cavallo e via nave e molto raramente usa il teletrasporto. Se è così ricco perché non possiede una nave volante e usa quella per i suoi spostamenti?
Personalmente adoro le navi volanti: sono oggetti meravigliosi che ho apprezzato fin da quando ho cominciato a giocare a Final Fantasy. Purtroppo ho visto Peter Pan della Disney solo a 45 anni suonati, se no le avrei amate anche prima. Eppure mi sono sempre sembrate un oggetto un po’ troppo “sgravato”, cioè esageratamente potente, per un racconto. Una nave volante potrebbe raggiungere comodamente ogni angolo del pianeta e persino avventurarsi nel Maelstrom di uno dei pozzi polari. Addio viaggi avventurosi per mari e monti, addio pericolosi passaggi tra le Brulle, addio a buona parte delle storie che ho raccontato e che vedono il largo impiego di cavalli e altre bestie da traino.

Be’ come vedrete Damien non è poi così ricco. Le navi volanti, anche quelle piccine, da queste parti costano assai.

La magia ha un prezzo. Alcuni lettori mi hanno servito questo commento tra i suggerimenti su come limitare la magia. Patti con potenze infernali, pazzia, consumo di “mana”, invecchiamento precoce… a me servivano “prezzi” coerenti con il mio universo narrativo. Di potenze infernali non si può parlare: esistono centinaia di divinità (ci sono venti masse continentali, ognuna con svariate nazioni più o meno intersecate tra loro e con il rispettivo pantheon) e distinguere “buoni” e “cattivi” diventa pura filosofia. Ci sono già utenti di magia che scendono a “patti” e sono i sacerdoti delle divinità in questione. Di pazzia nemmeno: è un universo deterministico e gli effetti degli incantesimi hanno un’origine fisica, niente paradossi o cortocircuiti mentali. Il prezzo che pagano i miei utenti di magia è il “rischio” e stavolta ho capito bene come gestirlo… il metodo è il medesimo indicato nel Testo Unico sulla salute e sicurezza sul lavoro. La domanda che sorge spontanea è “ma quanto accidenti leggi ogni giorno?” e invece dovreste chiedervi “dove accidenti trovi il tempo, con due figli e un lavoro da mandare avanti, per leggere tutta ‘sta roba?”
It’s a kind of magic!
(si, mi diverto a citare anche altro, oltre agli autori fantasy è che è più difficile mettere dentro l’ouverture di Rossini alla Guglielmo Tell o le note della nona sinfonia di Beethoven… o l’emozione che mi da “La Campanella” suonata col cannone  tra le mani di Accardo)
Ok, torno serio. Il prezzo che i maghi pagano è il rischio di subire, prima o poi, un colpo di ritorno magico. Il rischio cresce all’aumentare della potenza dell’incantesimo da lanciare, poiché cresce la sua complessità e così aumenta la probabilità di commettere un errore durante la preparazione.

Predisporre un incantesimo è complesso: un mago professionista può riuscire ad approntarne uno del primo circolo in pochi minuti (Conrad impiega un’ora abbondante), uno del secondo in una decina e uno del terzo in mezz’ora. Dal quarto al sesto circolo i tempi si allungano parecchio potenza e complessità crescono esponenzialmente: bene che vada si parla di ore tant’è che i maghi meno dotati si organizzano in circoli per predisporli  in “coro”; di solito creano un oggetto magico “usa e getta” adatto allo scopo come una comoda pergamena, un proiettile di qualche tipo e cose del genere. Al crescere della complessità crescono le probabilità di commettere un errore. Le conseguenze sono sempre due: la prima è il fallimento della magia, la palla di fuoco non esplode, il fulmine non centra l’obiettivo, il bersaglio non ottiene alcun potere… e l’oggetto incantato è da rifare. Il che rappresenta già di suo una rogna. Immaginatevi la scena dell’esile maghetto di fronte alla pattuglia orchesca: “ora vi friggo con la mia rullosissima PALLA DI FUOCO!!”. Gli orchi si accucciano a terra per tentare di pararsi dal colpo imminente, ma poi non accade nulla.
Oltre a questa rogna c’è sempre il colpo di ritorno. La magia ha avuto effetto comunque, l’aura ha vibrato e ha prodotto un effetto che di solito somiglia ad un lampo di potenza proporzionale alla complessità dell’incantesimo, ma sparato in direzioni differenti rispetto a quelle del piano tridimensionale in cui opera il mago. Un enorme segnale che grida “Hey gente: IO SONO QUI!” in un luogo altrimenti oscuro e popolato da creature da incubo. L’aura del mago ossia la sua proiezione sull’exacorion, se è rimasta priva di incantesimi, rischia poco, ma se è bella piena si prende un morso o due: gli incantesimi inscritti in essa sono molto appetitosi per gli incubi monostatici, per esempio, i Beholder o le Piovre dimensionali. L’asportazione violenta di un pezzo di aura può provocare un collasso mentale, la perdita dell’aura equivale al collasso di cui sopra E alla perdita dei poteri finché non ricresce; i maghi sfortunati vengono sbranati in toto se ad attaccarli è un beholder e i più sfortunati subiscono qualcosa di peggio come essere catturato vivo da un beholder o da una Piovra (bocca irta di tentacoli, ali sul dorso e corpo tentacolare… ricorda nulla?). Ogni mago sviluppa le proprie difese al riguardo, in primis una disciplina ferrea che lo mette al riparo dagli errori più grossolani e anche da quelli meno facili da riconoscere. Più l’errore è grosso e più grandi sono le attenzioni che si ricevono… o l’accord s’elargi come dicono i malichani e come diceva anche Maurizia Paradisi: l’affare si ingrossa (ma che citazioni mi escono oggi?).
La difesa più utilizzata ed apprezzata è il custode arcano, una creatura appartenente ad un altro piano di esistenza vincolata ad un oggetto mediante un’ancora dimensionale. Qar agiva proprio in quel modo: verificava che gli incantesimi memorizzati da Flantius fossero corretti e segnalava eventuali imprecisioni. Ogni tanto sbagliava anche lui, ma molto di rado. Inoltre un custode arcano deve essere pagato in qualche modo. Spesso il pagamento consiste in conoscenza: le creature come Qar sono attirate dal piano tridimensionale (chiamato anche primo piano di esistenza) per gli scopi più vari. Qar è uno studioso, ma ci sono creature per tutti i gusti;  il denominatore comune è che il custode è vincolato volontariamente. Se è costretto con la forza gli basta provocare la morte del mago per essere di nuovo libero. Non è difficile eh? Altri custodi esigono pagamenti differenti: chi vuole sangue, chi qualcuno da sgranocchiare di tanto in tanto, chi gemme preziose… ci sono custodi per tutti i gusti, ma tutti esigono una ricompensa di qualche tipo per la loro opera e termini precisi entro i quali operare, così da avere anche del tempo libero per perseguire i propri obiettivi. Somiglia ad un “famiglio”, ma è profondamente diverso.
Tant’è che i maghi dispongono di altre difese, alcune fisiche come amuleti e stanze protette ad hoc mediante incantesimi protettivi permanenti: una stanza del genere serve quando si prova un nuovo incantesimo e svolge la funzione della sandbox usata dagli armaioli per provare un’arma da fuoco, solo che invece della sabbia ci sono rune di smorzamento e scudi magici molto potenti, di circolo pari o superiore al doppio di quello dell’incantesimo da testare. Va da se che anche queste protezioni sono parecchio costose e proteggono fino ad un certo punto.

Alcuni maghi sviluppano un legame affettivo con una creatura dotata di qualche potere e condivide con essa rischi e conoscenze. La creatura, quale che sia, cambia e diventa semi-senziente e capace di esprimersi, se pure in modo comprensibile solo dal mago; diventa sensibile agli incantesimi più usati dal mago e sa dirgli in modo esatto se sono stati predisposti in modo corretto o no, si accorge dell’arrivo di una creatura extradimensionale e lo segnala. Uccelli, mammiferi di tutte le taglie, anche creature dotate di potere come unicorni, beholder e draghi possono diventare “famigli”, sebbene in questi casi è di solito il mago che diventa un famiglio per l’altra creatura (e talvolta anche la sua cena). Il grosso limite dell’avere un famiglio è che o è una creatura vulnerabile, o vive poco, o finisce col prendere il controllo del mago… e quando il legame si spezza per qualche motivo entrambi rischiano un collasso mentale e altri problemi dovuti allo shock. Il legame si spezza alla morte di uno dei due, se uno dei due cambia piano di esistenza, se uno dei due decide di abbandonare l’altro. Dunque la scelta del famiglio non è banale. Di solito questa protezione viene scelta da stregoni e simili: coloro i quali non hanno consapevolezza della magia e la usano in modo empirico e la cui speranza di vita è bassa.

Come si è visto precedentemente la creazione di un oggetto incantato richiede al mago di esporsi ad un rischio. Questo cresce esponenzialmente con la potenza richiesta all’oggetto in questione. Invece per gli utilizzatori di un oggetto magico il limite è rappresentato dall’economia.

Un mago, per soprvvivere, deve proteggersi. Per proteggersi deve riservare parte del proprio tempo allo sviluppo di difese adeguate e quindi non può lanciare incantesimi “a pagamento” giocoforza il prezzo del tempo che ha a disposizione per lavorare cresce.
Inoltre: creare un oggetto magico, come si è visto, richiede materiali particolari, non sempre costosi, ma comunque da lavorare in modo estremamente preciso specie per ciò che riguarda la creazione delle matrici. Questo allunga i tempi e quindi accresce i costi.
E ancora: gli oggetti magici permanenti, che siano “a cariche” a “utilizzi giornalieri” o solo dopo “opportuno rituale” o “attivi sempre” richiedono, salvo casi rarissimi, della manutenzione per continuare a funzionare. Anche manutenere un oggetto magico richiede tempo al mago e rischio perché la manutenzione viene effettuata mediante lancio di incantesimi ad hoc, come il riallineamento delle matrici in un oggetto permanente.
Ultima considerazione: dati i rischi che comporta fare il mago non è difficile capire perché di maghi anziani ce ne sono pochi e quei pochi siano “leggendari”, mentre tutti gli altri arrivano, se va bene, al III-IV circolo di potere, raramente al V.
E allora come fa un mago a far volare una nave? Facile: non lo fa, al limite fa volare se stesso o, quando è molto bravo, incanta qualcosa di leggero come un tappeto e fa volare anche qualche amico o amica.
Incantare una nave è un affare maledettamente serio, tipo costruire una portaerei nucleare per intenderci.

Un incantesimo di volo appartiene, per complessità, a quelli del terzo circolo e può sollevare circa un quintale di peso. Una “barca a remi” da sola pesa poco meno di un quintale e con quattro persone a bordo, più i rispettivi averi arriva a cinque quintali (ma sei è un numero più adeguato). Rendere permanente un incantesimo di quel livello costa tempo e denaro al mago che rischia la vita solo per tenere in aria una misera barchetta.

Con queste regole: 1 incantesimo di III ogni 100kg, per far volare un veliero come l’Amerigo Vespucci ad esempio, ci vuole moltissimo lavoro. Un veliero di quel genere pesa più di 4000 tonnellate quindi ci vogliono almeno 400 incantesimi di quel tipo per sollevare e spingere a una velocità media equivalente a 35km/h lo scafo di cui sopra (la velocità di un uomo in corsa). E’ una bella velocità dato che normalmente un veliero fa 13-14 nodi che equivale a 25-26km/h. I più potrebbero pensare che con un’accurata progettazione e qualche risparmio (a una nave volante non servono le vele, per esempio) si potrebbe risparmiare qualcosa… e invece no. Lo scafo deve essere ben robusto per motivi che vedremo tra poco.

Rendere permanente un incantesimo richiede la presenza di 12 matrici-specchio (2 per ogni asse della realtà) per intrappolare l’incantesimo e mantenerlo sempre attivo. Costruire una matrice specchio richiede qualche ora di lavoro, una decina di aure di origine bovina (a meno che il mago che ci lavora non decida di tagliarsi un pezzo di aura o abbia a disposizione un drago o un’altra creatura dotata di un’aura molto grande da cui attingere) e l’incantesimo appropriato per creare la matrice dove accogliere le aure tagliate agli animali. Inoltre per rendere l’incantesimo stabile occorre una catena di incantesimi di riallineamento (per mantenere gli specchi al loro posto anche dopo secoli o in seguito ad un urto) che comprende non meno di due incantesimi pure permanenti, meglio se di più (da due a sei riallineatori su ogni matrice).

Facendo un po’ di conti ci sono, per ogni incantesimo di volo “standard”:

1 incantesimo di volo
4 riallineatori (due son troppo pochi, sei è eccessivo)

totale 5 incantesimi permanenti, ognuno con le sue 12 matrici-specchio = 60 matrici e 600 mucche (o altri animali alevati ad hoc) cui è stata “tosata” l’aura. Adesso arriva il “Botto” vale a dire: cinque incantesimi permanenti per 400 da piazzare su tutto lo scafo fa 2000 incantesimi permanenti (tra volo e stabilizzatori) ognuno richiede 12 matrici e arriviamo a 24000 e quindi va tosata l’aura a circa un quarto di milione di capi di bestiame, cui vanno aggiunti gli incantesimi usati per “fondere le aure in una matrice singola” e che sono circa 9 per matrice (ogni tanto un errore provoca danni e, come minimo, la matrice è da rifare) e si arriva a 216000 incantesimi. La fusione richiede un livello minimo, pari al I circolo, ma dato il numero di operazioni, il rischio è comunque grande. Una mucca privata dell’aura ha un collasso mentale e stramazza a terra dove resta incapace di nutrirsi per un mesetto il che equivale a dire, a meno che qualcuno non le infili a forza del fieno pre-masticato in bocca, che in capo a una settimana è bella che morta. Inoltre: stabilito che c’è circa lo 0.3% (percentuale che ho tirato fuori in modo “empirico” e che devo rivedere) di probabilità di sbagliare il lancio di un incantesimo di III circolo e che lo “stabilizzatore” ha la medesima complessità dell’incantesimo da stabilizzare la probabilità che si verifichi un “colpo di ritorno” è elevatissima: 0,003*2000 = 6 e già se il rischio è “1” occorre mitigarlo con qualche protezione. Al ritmo di 5 incantesimi al giorno impiegherebbe circa 400 giorni, un anno e mezzo (giorni di riposo inclusi), se e soltanto se non subisse mai colpi di ritorno o ne uscisse sempre indenne.
A questi 400 giorni, ovviamente, vanno aggiunti i tempi per la produzione delle 24000 matrici-specchio, che richiede un incantesimo del primo circolo, ma che comunque è impegnativa dato il numero delle matrici in gioco e pure con un indice di rischio dello 0.01% data la facilità dell’incantesimo, si parla sempre 24000 incantesimi: il rischio è 24, ovvero 4 volte più elevato che predisporre gli incantesimi del volo. Si può mitigare, ma anche qui ci sono altri costi.

Dunque quanto costerebbe una nave volante?
Il costo di uno scafo da progettare e costruire ad hoc perché non si può mica prendere una nave normale e farla volare: sarebbe instabile e ancora più lenta; 240.000 mucche (o l’equivalente costo di sostituzione: l’aura di un drago o di un beholder vale quanto quella di un migliaio di mucche, ma… non è così semplice tosargliela, senza contare le conseguenze dell’uccisione di centinaia di draghi… ho già raccontato di quanto sono permalosi?) e 400 giorni/uomo di una delle figure professionali più costose di sempre. Il costo orario si aggira intorno ai 1500 scudi o 30 corone malichane… il conto è salato: 288.000 corone, pari a 14.400.000 di scudi, mettendoci anche il costo dei materiali si arriva a poco meno del doppio (include anche la spesa per l’allevamento del bestiame). Il tesoro del principato di Naalab, il più ricco dei 12, ammonta a 4.000.000 di corone e ne aveva pagate più che altrettante per acquistare la valle di Bonespoir.
Con questi costi si evince che le navi volanti sono appannaggio di stati sovrani, superpotenze e maghi leggendari (e che comunque hanno un territorio che li sostiene). I mercanti, anche i più ricchi, ricorrono alle carovane per spostare le loro merci… e se proprio devono spostarsi in fretta pagano un mago per farsi teletrasportare a destinazione.

Veicoli del genere esistono su Tharamys, ma al pari degli incantesimi di livello superiore al VII (e già il VII è border-line) sono appannaggio di grandi potenze come Maor, Dei-Talant e Malichar o di maghi straordinariamente potenti come il leggendario Yor, che pure aveva fondato il suo regno e poteva disporre di adeguate risorse (no, non ha fatto fuori neanche una mucca, ma aveva tra i suoi alleati una coppia di draghi, un popolo capace di servirsi della magia e molti nemici che finivano con lo scontrarsi con lui e perdere tutto, anche la propria aura magica).

D’accordo, la nave grande costa troppo, ma una cosa meno pretenziosa? Chessò un bel 15 metri da diporto? Ok, diciamo che questo costa 1/20 del veliero di cui sopra e il suo costo scende intorno ai 100.000 scudi perché invece di 400 incantesimi del volo ne ha appena una 20ina, il che equivale a circa 100 incantesimi permanenti caricati sopra.

Mi sembra di aver accennato che su Tharamys la specie dominante non sono gli umani, nemmeno gli elfi, gli elasson o i Nani se pure li vedo lanciati verso la pole position. No non sono nemmeno i beholder, che pure ne basta uno per tirare giù un villaggio di 1000 abitanti in una notte, all’occorrenza. Clicca qui per scoprirlo. Una nave volante attira l’attenzione molto più di una carovana e non ha alcuna speranza di sfuggire allo scontro. L’unica possibilità è che elargisca abbastanza legnate da scoraggiare chi incontra sul proprio cammino a trasformarla in cibo e/o in un trofeo da mettere in mostra nella propria dimora. Qui mi ricollego al discorso sulla robustezza dello scafo: anche se “piccola” deve essere robusta, per cui avrebbe pochissimo spazio per il carico e i passeggeri.

Questo aspetto scoraggia e fa etichettare come “pazzo e morituro” chiunque decida di sfidare il cielo troppo a lungo, salvo poi considerarlo una divinità se riesce in qualche modo a sopravvivere. A questo va aggiunto il costo della manutenzione: anche se gli incantesimi del volo con le loro catene di stabilizzatori sono virtualmente esenti da “tagliandi” e cose simili, molte armi magiche richiedono manutenzione costante senza contare che la guida della nave richiede almeno un mago (meglio due) ai comandi e questo a prescindere dalle dimensioni del vascello. Damien non è un mago e dovrebbe pagarne uno per occuparsi della nave. Essendo un uomo d’affari ha trovato modi più efficienti per comunicare a distanza o spostarsi abbastanza rapidamente per gestire i propri affari senza correre i rischi che comporta il volo. Economia: né buona, né cattiva, ma in ogni caso spietata e inesorabile.

Come sempre tutta questa “complessità” si traduce nello stile di narrazione: non compaiono conteggi strani o richieste incomprensibili tipo “Vuoi un veliero celeste? Mi servono 250000 mucche e quattordici milioni di scudi…”, ma mi permette di far viaggiare la maggior parte dei mortali su di un carro, un cavallo o a dorso di creature simili e, al tempo stesso, di far sognare chi vorrebbe veleggiare tra le nuvole.

 E voi? Che “magia” mettete, se la mettete, nei vostri racconti?

/ 5
Grazie per aver votato!

3 Risposte a “I rischi della magia: la lezione delle navi volanti”

  1. Il potere è una cosa seria, che però non può modificare l’esistente ma solo creare un’illusione. E comunque costa in termini di energia fisica e deve essere ricostituito. Chi lo possiede ha il suo metodo per questo

  2. A me, a dire la verità, la magia ha stancato da parecchio. Quindi, se scrivessi fantasy – e ho progetti fantasy in mente – non so se metterei la magia.
    Sulle navi volanti potresti leggere una trilogia di Shannara, iniziata con Il volo della Jerle Shannara.

  3. @ Daniele:
    Conosco bene la Jerle Shannara, le vele “solari”, i tubi radianti e tutto il resto. Aldilà della qualità della storia che ricalca pedissequamente il “viaggio dell’eroe senza nome” di Campbell & C. con un’abilità che può essere definita ingegneristica, ho molto apprezzato il modo in cui Brooks ha fatto volare le sue navi. C’è un pelino di Barsoom (Burroughs) nel modo in cui si sollevano maestose in cielo, ma la cosa importante è che ha definito bene la tecnologia (magica) da usare e l’ha usata senza mai uscire dai binari; come un buon master di giochi di ruolo, ha dato le regole e le ha rispettate fino in fondo. Chapeau. Del resto è una cosa che han fatto tutti: da Tolkien, a Zelazny, Rice, Burroughs, Clarke… del resto quando un Fantasy è scritto come si deve il confine “tecnico” tra fantasy e fantascienza diventa più filosofico che altro. Insomma, il pianeta Darkover aveva streghe ed elfi, ma era descritto in modo scientifico e assolutamente inappuntabile. Guerre stellari ha le astronavi e le spade laser, ma lo considero Fantasy per la leggerezza con cui sorvola su certi dettagli, non ultima una certa fortezza stellare capace di sfondare un pianeta E vulnerabile dal… tubo di scappamento. Sarebbe una… uh… non voglio scrivere parolacce, una stupidaggine, ma è raccontata in modo talmente superbo da pensare che i quasi due milioni di uomini di equipaggio uccisi da Luke in un sol colpo e secondo solo al genocidio di Alderan, è acqua fresca. Ma in teoria Luke non doveva passare all’istante al lato oscuro con quel gesto? La “regola” non è che “se uccidi un innocente ti avvicini al lato oscuro”? E allora se Anakin è passato al lato oscuro divenendo Darth Vader per molto meno (alla fin fine ha massacrato qualche decina di predoni del deserto per vendetta e si è trombato una principessa), Luke che per vendetta ha distrutto la Morte Nera? AH no, scusate, ha salvato i suoi amici. Ecco, in questo senso SW è Fantasy: una storia complessa, narrata con abilità e servita in salsa di effetti speciali. L’avessi letta in un libro avrei detto “carina, ma niente di che” vista al cinema dall’alto dei miei 7 anni… ah be’, ho ancora in mente il duello epico tra Dart Vader e Obi Wan (alias il grandissimo e compianto Alec Guinness) e che non dimenticherò mai.

    @Cristina
    da buon viaggiatore (letterario) ne ho viste di cose che gli altri mortali possono solo immaginare. Navi in fiamme al largo dei bastioni di Orione e i raggi B balenare di fronte le porte di Tannhauser… gatti che attraversano i muri, pianeti che diventano stelle, treni che viaggiano tra le stelle e cuochi che sconfiggono temibili creature aliene con il basilico (Massimo Mongai, Memorie di un cuoco d’astronave, ed. Mondadori).
    Hai ragione su un punto: il potere è una cosa seria, ma non è una illusione. Parafrasando il compianto Silente: “il fatto che sia un’illusione lo rende meno reale?” e giocando un po’ con le regole dell’universo in fase di creazione e citando una delle mie serie TV preferite “sembra reale, ma se c’è abbastanza energia diventa reale in tutti i sensi” (Automan, a proposito degli ologrammi) ho trovato il modo di “aggirare” la componente illusoria senza scivolare nella magia da gioco di ruolo. La scala Sagan-Kardashev mi dice quanta energia ci vuole per alterare localmente le leggi fisiche: 10^66 joule e quindi avere la certezza che l’illusione diventa reale. E’ altina: è più di tutta l’energia prodotta dall’universo conosciuto negli ultimi 13 miliardi di anni, siamo un po’ sopra quella prevista per il big bang, ma sono dettagli: dipende dagli altri parametri dell’universo che si crea. Mi serviva che i maghi potessero operare, che non fossero semi-dei (o addio società civile: comandano i maghi e basta) e che gli dei non rompessero i cabbasisi direttamente, ma fossero costretti ad agire attraverso esseri più deboli onde evitare di spazzar via tutto. Un mago altera localmente le leggi fisiche e le piega alla propria volontà, ma nel momento che lo fa perde quel potere e deve ricaricarlo, come una pistola a tamburo ha dei colpi, finiti quelli o ricarica oppure è solo un uomo molto intelligente, ma senza alcun potere. La ricarica è lenta: da alcuni minuti ad alcuni mesi, dipende da quanto è complesso l’incantesimo (e quindi da quanto è potente).
    Il resto è duro (ma pure tanto divertente!) lavoro per tirare fuori le storie, mantenere la coerenza… e scrivere in buon italiano, cosa che è ancora più difficile.

    Grazie per i vostri commenti: è un confronto molto stimolante 🙂

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.