Tharamys

Qualcuno ha mai pensato al naso?

Tutto è cominciato con la lettura di Focus relativa un tema poco considerato in tutti i romanzi fantasy in cui ci sono personaggi femminili: il ciclo. L’unica scrittrice che ne parla, dandogli peraltro il giusto peso è Marion Zimmer Bradley, mentre l’unico caso in cui viene realmente nominato è “Dragon Slayer!”, un anime che in italia è stato tradotto come “Un incantesimo dischiuso tra i petali del tempo per Rina” e che, grazie alla censura da operetta che abbiamo, è stato tradotto con… INFLUENZA. Cioè la protagonista non riesce a usare la magia perché ha l’influenza, ma in tutta la puntata non caccia neanche uno sternuto. Salute eh?

Invece un po’ di sana ricerca ha prodotto alcune cose interessanti, come ad esempio scoprire i metodi utilizzati dalle signore di ogni era trascorsa per ovviare all’inconveniente mensile: dal papiro utilizzato dalle egiziane (sempre all’avanguardia loro, hanno pure inventato le scarpe col tacco!), alle pelli di pecora riutilizzabili che invece hanno spopolato tra le campagne di tutto il pianeta fin quasi a metà del XIX secolo.

Se invece un antico romano fosse entrato in una delle nostre toilette, probabilmente una volta finito di servirsene avrebbe fatto qualcosa di strano con lo scovolo del WC. Lo scopino, per intenderci. I romani usavano una spugna imbevuta d’acqua legata ad un bastone e lo scovolo, in posizione strategica accanto al WC, può essere confuso. Un po’ meno facile da immaginare è cosa potessero usare i legionari romani durante le lunghe campagne di conquista. Aglio.  I Galli erano letteralmente terrorizzati dalla puzza delle legioni romane: per tenere l’intestino libero da parassiti e malattie varie i legionari mangiavano aglio a spicchi. Parliamone eh? Una legione poteva essere fiutata a miglia di distanza! Cosa c’entra l’aglio con la carta igienica? C’entra. Mangiare aglio cambia anche l’odore della pelle e se per pulirti il lato B usi quel che capita (foglie, erba, muschio, corteccia…) e le tue mani, be’… la puzza dell’aglio copre tutto.

Gli avventurieri di ogni compagnia, da quella dell’anello a quella di Shannara, hanno tutti lo stesso problema, solo che i rispettivi narratori non aggiungono questi dettagli. Infodump, dicono. Sarà, ma io mi immagino cosa doveva essere il villaggio dei Rohirrim dove uomini e cavalli condividevano lo stesso posto… e stargli sottovento non doveva essere per niente piacevole.

Magari serve a poco, ma certe volte il destino passa per la stanza da bagno, come ben sanno Marat e Papà Lannister (GoT) e sapere come erano, tanto tempo fa, evita da una parte di scrivere corbellerie e dall’altra offre spunti narrativi intensi e inattesi.

Si pensi alla “carta igienica”: 5000 anni fa gli egizi (quelli ricchi) usavano il papiro, quelli poveri Nilo e mano, e poi spugne, muschio, scarti della tosatura, stracci, acqua, pezzi di corda (riciclabile e ecologica), bioccoli di cotone… è incredibile la varietà dei materiali impiegati per lo scopo. Chi ha letto le storie di Gargantua e Pantagruel potrebbe ricordarsi di cosa veniva suggerito allo scopo… tutto sommato viva la carta igienica, anche per rispetto del papero. Che fine umorista il Rabelais eh?

Al netto di queste considerazioni provate ad immaginare una compagnia di avventurieri che si inoltra per mesi all’interno di un territorio sconosciuto, selvaggio e privo di civiltà. Al suo ritorno deve prima passare almeno un giorno a lavarsi, come gli equipaggi dei sottomarini classe Enrico Toti. Invece questi “eroi” puzzolenti come e peggio di una fogna di Calcutta entrano in castelli da fiaba e baciano principesse. Urgh. O principi, dipende dai gusti. Io non discuto sui gusti, ma sull’opportunità di un bagno, una doccia o un accenno  anche indiretto alla toletta prima. Come per i film di Sergio Leone: fino ad allora il “West” era quello di John Wayne, l’eroe pettinato. I cowboy erano lindi, pinti e stirati. I fuorilegge avevano il fazzoletto davanti alla bocca e nei saloon si beveva wisky. Poi ci si è accorti che se passi una giornata a cavallo sei coperto di polvere e sudore da cima a piedi, puzzi come una stalla e se in città vanno tutti a cavallo le strade sono coperte di… deiezioni equine.

Ecco, io la penso come Robert E. Howard che fa dire a Conan, la prima volta che vede una grande città: “Ma che puzza, come fa il vento ad entrarci dentro?”

In effetti, se io fossi stato vento, mi sarei tenuto alla larga da quella e da molte altre città inventate e reali.

Buone Letture…

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4 Risposte a “Qualcuno ha mai pensato al naso?”

  1. Guarda in realtà ti sei risposto da solo; il bagno e tutte le vicende annesse può essere uno spunto narrativo ma in tutte quelle storie dove non c’è la necessità di parlarne è inutile e controproducente parlare di dettagli inappropriati. L’eroe (o l’eroina) della storia spesso è un modello per il lettore, che ci si immedesima. Il lettore fugge dalla realtà per scoprirne di nuove, a meno che non succeda qualcosa di impressionante (anche a livello emotivo perché no) non vuole sapere dettagli di vita comune. Questo discorso si applica tanto al bagno quanto alla cucina. Ci deve essere una motivazione dietro. Apprezzo però quanto dici perché non bisogna limitarsi a priori, se in una storia è giusto parlare di bagni e quant’altro che lo si faccia liberamente, senza censure.

  2. Hai ragione, io mi chiedo spesso cose del genere. I personaggi vanno di rado al bagno e non si lavano mai.
    Hai visto il film Rapanui? A un certo punto infilano una ragazza sotto una roccia sporgente dove non ha spazio per muoversi e la fanno uscire dopo diverse lune (mesi…): be’, lei esce tutta linda e pinta e gli altri le stanno attorno come se avesse appena fatto la doccia. Ma per favore!

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