Tharamys

Coboldi

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Conrad studia attentamente i due ladri, anche perché dalla sua posizione può solo guardare senza farsi vedere: non sono né bambini né umani. Una coda, tozza come le zampe su cui camminano eretti, spunta da dietro la schiena; calzoni di lana neri, un corpetto di cuoio leggero che lascia braccia, gambe e testa scoperte, ma comunque ricoperte da scaglie grigioverdi intrise di sporcizia; i lineamenti delle due creature ricordano vagamente dei cani, complice la posizione delle orecchie proprio al di sopra della testa, ma gli occhi sono quelli di un rettile.

Questo breve estratto da “Il torto della torta” descrive in modo abbastanza preciso l’aspetto dei Coboldi che popolano Tharamys. Si tratta di una delle razze senzienti più antiche, coeva dei Draghi, che pure hanno raggiunto ben altri livelli. Alti mediamente 80-90 cm sono una via di mezzo tra mammiferi e rettili. Monotremi per la precisione: le femmine depongono due o quattro uova che si schiudono dopo un paio di settimane di cova in un letto di foglie e rametti, o altro materiale che decomponendosi genera quel minimo di calore necessario a favorirne la schiusa. Per i due mesi successivi i piccoli verranno allattati, con la comparsa della prima dentizione inizieranno a nutrirsi in maniera autonoma. Per i 6-7 anni successivi vivranno con la madre all’interno di una tribù che conta da 15 a qualche centinaio di individui. Le tribù sono quasi interamente al femminile, i maschi conducono esistenze girovaghe, spesso in compagnia di altri maschi o, molto raramente, di una femmina. Più che tribù è più corretto dire comunità dato che spesso formano piccole enclavi più o meno ufficiali all’interno di città più grandi. A parte il modo di allevare i piccoli, i Coboldi non hanno una vera società e si adattano a ciò che trovano, così nelle Brulle vivono sottoterra, spesso in società dominate dagli orchi, mentre a Kirezia vivono relegati in ghetti sotterranei da cui escono solo la notte per predare qualche sfortunato animale randagio, o prede anche più succose, oppure per svolgere qualche lavoretto e guadagnarsi da vivere onestamente. Caso raro, ma esistente. Ci sono comunità di coboldi anche a Malichar, Maor, Nivalis… ovunque, persino sui monti della Wyirmtoth e le società che formano sono uno specchio di ciò che trovano. Gli unici posti da cui si tengono alla larga sono le enclavi Naniche: i Nani sono piuttosto gelosi delle loro montagne e non tollerano intrusi. I Coboldi sono accolti come tutti gli altri visitatori, se si comportano da visitatori, altrimenti sono trattati come nemici e quindi tramutati in marmellata, succo di coboldo, decorazioni per asce, scudi, martelli, corazze, barbe… ecc…

Il ciclo vitale è piuttosto breve: raramente un coboldo supera i 40 anni, soprattutto a causa dello stile di vita che conduce, molto simile a quello degli “zingari” che popolano numerose città italiane e che li tiene piuttosto distanti dalle normali… uh… convenzioni circa igiene e salute. Non che gli umani, con cui spesso condividono le città, siano molto più puliti. Solo i coboldi di Nivalis, la nazione-foresta degli elfi, vivono molto più a lungo: quasi il doppio. D’altro canto sono impossibili da riconoscere: educati, puliti, colti, affabili e cortesi, sembrano un’altra razza. E hanno una speranza di vita di una 70ina di anni, quanto e più degli umani che affollano i quartieri più popolari di Kirezia. Escludendo la felice isola elfica e complice una serie di attributi fisici che li rende adatti alla vita notturna, i Coboldi sono dei ladri naturali: le loro piccole dimensioni e la grande manualità gli consente di intrufolarsi un po’ dappertutto e di aprire praticamente qualsiasi serratura, la vista sensibile nell’infrarosso vicino e gli occhi sensibilissimi, gli permettono di sfruttare fonti di luce molto deboli: una torcia per loro è luminosa quanto la luce del giorno, più o meno. Tutto questo ne fa dei “Ladri naturali” molto dotati e (poco) apprezzati soprattutto dai cani che non riescono a percepirli, se non quando stanno per essere uccisi.

Spesso infatti vengono organizzate, all’interno delle città, delle grandi retate per stanare i Coboldi e cacciarli o ucciderli proprio, visto che alla stregua dei piccioni, ritornano dopo poco ad occupare gli spazi presi in precedenza e che considerano “casa loro”. Chi ha una colonia di piccioni sul tetto di casa sa cosa intendo.

La maggior parte di essi è fragile e facile da uccidere, ma ogni tanto qualche individuo riesce ad emergere e a sviluppare doti straordinarie, sebbene nessun cantastorie ha mai avuto voglia particolare voglia di narrare le gesta di un coboldo… se un Povia qualsiasi passasse da queste parti potrebbe esserne ispirato!

Nota: nella mitologia germanica, dove il nome ha avuto origine, si tratta di folletti che sono soliti proteggere la casa che li ospita. Ho scelto di rappresentarli esattamente al contrario.

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