Tharamys

Aldilà dei Sogni

A te Robin, ovunque tu sia, fatti due risate.

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L’ultimo Sonno

«È morto?»

«Non ancora, signora Rossi, ma da questa crisi temiamo che non si riprenderà» il medico scosse il capo in un gesto inequivocabile. L’anziana davanti a lui sorrise.

«Speriamo sia la volta buona, anche lui sarebbe d’accordo» la donna si strinse nell’abito a fiori, un po’ leggero per quell’autunno insolitamente rigido.

L’ECG spezzò il silenzio della camera d’ospedale, le nubi fuori della finestra decisero che era il momento di liberarsi del loro carico di pioggia e accompagnarono l’arresto cardiaco dell’uomo steso sul letto con uno scroscio continuo.

«Uffa spegnete quel coso, stavo dormendo!» il signor Rossi scattò a sedere sul letto, la stanza era vuota. Si guardò attorno sorpreso: di solito c’era almeno un’infermiera, poi guardò le proprie mani.

«Ma guarda: le macchie non ci sono più!» e nel dirlo si accorse che anche i fili, la flebo con la chemio e le cancrene sulle braccia erano sparite. «Sono guarito! Guarito! Ahahahah» la sua risata gioiosa rimbalzò contro le pareti candide e ricadde su di lui con echi di sollievo. Sollevò il lenzuolo e balzò a terra, con indosso solo il pigiama d’ospedale, agile come un ventenne. Una sensazione, tra le gambe, che credeva di avere dimenticato gli segnalò che doveva subito controllare. Aprì i pantaloni del pigiama e diede un occhiata.

«Qaatso! Questo non va bene» una strana emozione si impadrònì di lui e lentamente la gioia che provava si mutò in sorpresa e poi in allarme. Corse alla finestra e scansò una tenda. Fuori era nuvolo come quando si era addormentato. L’immagine riflessa nel vetro gli restituì il volto di una vecchia foto. Aveva appena finito il servizio militare ed era tornato a casa. Solo che nella foto aveva l’uniforme, qui aveva un pigiama da ospedale.

«Diavolo! Che succede?» scosse la testa per scacciare la paura che dal basso ventre prese a salirgli su fino alla gola dove il cuore prese a battere con forza. «Anna! Anna! Dottore!» prese a urlare, ma nessuno rispose al suo richiamo. Un tuono seguito da un’ eco stridula risuonò e fece tremare i doppi vetri della porta-finestra che affacciava sul balcone.

Si volse verso quel rettangolo luminoso e trasparente per guardare meglio, poi incredulo aprì l’anta e uscì sul minuscolo terrazzino. Fiori e piante dalle foglie delicate adornavano il davanzale, più che un ospedale sembrava uno chalet di montagna, di quelli che si vedono in cartolina. Di nuovo il tuono, violento e brutale seguito da quell’eco stridula e dannatamente simile a delle urla. Il signor Rossi non riusciva a credere: un tuono tanto forte, ma nessun lampo, poi l’eco simile al lamento acuto di centinaia di voci che soffrivano. Alzò gli occhi al cielo e vide.

Le nubi non erano nubi di pioggia, ma di fumo. Un immenso incendio che squassava il cielo da est a ovest e tra le fiamme creature con ali da pipistrello, il forcone in pugno, tuonavano i loro richiami contro altre creature diafane e nude. I diavoli le infilzavano e le trascinavano ancora urlanti nelle fiamme.

«Opporc… » un brivido, ma non di freddo, lo percorse dalla testa ai piedi scalzi. L’aria era sferzata dal vento caldo che promanava dal temporale infernale, ma lui prese a tremare come stesse per cadergli non il mondo, ma l’intero universo sulla testa.

«…era tutto vero! Io ho sempre detto di essere ateo, ma i preti avevano ragione Dio… » stette per bestemmiare, ma ci ripensò e si tappò la bocca. Balzò dentro la stanza come se uno di quei diavoli stesse per venirlo a prendere, poi chiuse la finestra, tirò le tende fin quasi a staccarle dai sostegni e si diresse verso la porta della stanza.

«Devo nascondermi o quelli mi friggono!» si toccò il fondoschiena col pensiero rivolto ai forconi impugnati dai diavoli «Non mi avranno mai!»

Il corridoio dal pavimento di legno era corto, c’erano solo la sua stanza e un’altra porta che affacciava su una stanza da toilette molto confortevole, più oltre le scale che scendevano al pianterreno. La vista della stanza da bagno con la Jacuzzi che occupava i 3/4 dello spazio e nessun water gli confermò quello che la vista della nube infernale e il suo aspetto ringiovanito di 72 anni gli avevano già annunciato.

«Sono proprio morto e questo è l’Aldilà» poi decise di aggiungere «merda»

Aldilà o Aldiquà?

Le scale in legno di abete cigolarono con delicatezza mentre scendeva. Mario si ritrovò in un ampio salone dalle pareti ricoperte di legno e finestrelle decorate da tendine a fiori. Un divano, un TV oled di ultima generazione e una playstation nuova fiammante come quella di suo nipote dominavano la scena. L’home theater a contorno era identico a quello che aveva comprato solo un mese prima del suo ricovero. Adesso avrebbe potuto goderselo. Un altro tuono e altre urla, stavolta proprio sopra la casa, lo fecero sussultare. Corse alle finestre e chiuse gli scuri, con urgenza, a farli sbattere così forte da soffocare il rumore della tempesta che vorticava proprio sopra la casa. Se voleva scappare aveva bisogno di vestiti, anche se era morto quei “tuoni” gli pompavano nel sangue paura e bisogno di coprirsi. La stanza accanto era una cucina. Anche qui era tutto nuovo, perfetto. Il frigo pieno di salmone, bistecche di chianina, verdure… pure una torta mont-blanc: la sua preferita. Una finestra anche là e lui la richiuse con violenza.

Nell’altra stanza una camera da letto con un gigantesco talamo rotondo e specchio sul soffitto, un armadio e un’altra finestra subito oscurata. Ridacchiò nel vedere il letto: «Chi ha arredato questo posto conosce i miei gusti meglio di mia moglie » poi un altro tuono gli ricordò che adesso non aveva tempo per divertirsi. L’armadio era pieno di roba al momento inutile se non in compagnia e in quel momento la sua unica necessità era di mettere qualcosa addosso che coprisse più di un pigiama da ospedale. L’occhio cadde su un pacco in fondo a quell’arsenale di negligé, manette e altri giochini del genere. Lo afferrò, era ben solido, e lo aprì: un completo grigio con tanto di gemelli in madreperla con le sue iniziali M.R.

«Ah però, sembra un Armani… ma in fondo a chi importa? Sono morto!» disse, eppure dopo averlo indossato si sentì meglio. Lasciò la camera da letto più stupito di prima; mentre tornava in salone riflettè su un dettaglio:

«Il frigo era pieno di cose che piacciono a me e che speravo di trovare. Il TV da 101″ e la playstation con l’home theater pure, accidenti ai miei nipoti. Il pacco poi ero sicuro che non ci fosse, in mezzo a tutta quella roba… vuoi vedere che… » tornò a grandi passi verso la porta della camera da letto.

«Rossa, con gli occhi verdi e tette a coppa di champagne grosse quanto la mia mano!» non aggiunse nuda sul letto, ma ci contò davvero quando spalancò la porta della camera da letto in preda a un erezione che, pensava, avrebbe fatto invidia a un ventenne.

La stanza era vuota e le urla dei dannati risuonarono più forte. Spense la luce e, sempre più preoccupato, tornò in salone e sprofondò nel divano.

«Cuscini di piume» mormorò soddisfatto nel constatare che un’altro dei suoi desideri era stato esaudito «Grazie!» si ritrovò a dire, pensando a quel Dio in cui non aveva mai voluto credere.

Ripensò alla sua vita, lunga e intensa certo, ma non credeva di aver meritato nulla di tutto quel che aveva attorno. La nostalgia di sua moglie e dei suoi figli lo colse lì dov’era. Finalmente realizzò che non li avrebbe più rivisti se non tra molti anni, o almeno glielo augurava.

«Magari andranno in paradiso» e un nuovo tuono gli ricordò che quella era l’anticamera dell’inferno. Decise di impugnare il coraggio a due mani e si avviò verso l’ultima porta, quella che non aveva ancora aperto. La porta di casa.

Così se la ritrovò davanti: rossa, occhi verdi, e tutto il resto che aveva desiderato, a meno di mezzo metro di distanza.

«Benvenuto signor Rossi! Mi chiamo Susanna, posso entrare?» la spruzzata di lentiggini sul volto di lei rese il suo sorriso ancora più accattivante e con galanteria lui si fece da parte «prego» convinto di aver appena visto un angelo, ma poi si augurò di no. Gli angeli non hanno sesso pensò con un po’ di vergogna per i propri desideri riguardanti sè stesso, lei e la camera accanto al salone.

«Qui il pensiero conta, signor Rossi» Susanna si era accomodata a gambe accavallate sul divano, la minigonna blu e la camicetta bianca tirata allo spasimo sul seno minacciavano di rivelare ogni dettaglio da un momento all’altro.

Lui capì all’istante e arrossì, poi, disturbato dalla scena che continuava a ripetersi tra le nubi infuocate, richiuse di scatto la porta.

«Si trova bene, signor Rossi? Ha trovato il frigo e i… uh… anche i vestiti» la voce di lei era calda, gioiosa e i suoi occhi continuavano a sorridergli come se i pensieri di poco prima non l’avessero offesa. «Ha bisogno di altro?»

Lui si avvicinò a quella giovane donna che pareva uscita fuori dai suoi sogni di adolescente e, con il freno tirato sui certi pensieri, afferrò una sedia e si sedette di fronte a lei.

«Risposte, ho bisogno di sapere»

«Domandi pure, sono qui per questo »

A loro piace così

«Che posto è questo?»

«Ma che domanda è? Lo ha capito benissimo da solo! Siamo nell’Aldilà, dove anche i sogni si fermano… ha presente?»

Lui annuì, ma continuò: «Chi vive qui?»

«Ancora una volta, signor Rossi, lo sa già: tutti. Da Adamo a Giulio Cesare, fino al suo collega Marzotti trapassato giusto la settimana scorsa… ah, ma lei non poteva saperlo, era già in fase terminale.»

«…anche lui? E se volessi parlargli?»

«Prenda il telefono» la mano  di lei indicò l’apparecchio su un mobile accanto la porta della cucina «Prema lo 0 per il centralino e chieda di parlare con chi vuole, se risponde… »

«Centralino? Come in albergo?» Mario è sempre più stupito «E chi paga?»

«Come in albergo, ma qui non paga nessuno. Alcune anime come me si dedicano saltuariamente ad accogliere i nuovi arrivati e fargli trovare un ambiente confortevole. Giusto per non farli sentire troppo spaesati. Lei è ateo e ho pensato di accoglierla così, le piace?»

Lui cominciò a ragionare su tutto quello che aveva trovato, su com’era sistemata la casa. Annuì con vigore, ma per educazione tenne certi pensieri ben rinchiusi in un angolo.

«Quindi ad ognuno date quel che si aspetta di trovare?»

«Le faccio un esempio “asettico” signor… posso chiamarla Mario?»

«Certo, se posso chiamarla Susanna!» l’entusiasmo che mise nella voce gli causò un altro moto di imbarazzo.

«Vedo che sta imparando a controllare i suoi pensieri: sono quelli che la tengono in questo luogo e glielo fanno percepire. Inoltre le altre anime apprezzeranno la sua… uh… discrezione. Talvolta i nuovi arrivati sanno essere davvero molesti. Poi imparano» Susanna appoggiò le mani in grembo, visibilmente più rilassata. In qualche modo le sue misure si fecero più contenute e il seno non minacciò più di strappare la camicetta di seta che aveva indosso.

«Le dicevo: se fosse stato ebreo avrebbe trovato la terra del latte e del miele, un Lakota e le sarebbe apparsa una pianura piena di bisonti… l’anno che arrivò Cesare trovò dieci legioni pronte al suo comando e un fascio littorio capace di scagliare fulmini come quelli di Giove. Adesso è da qualche parte a gestire un impero smisurato.»

Mario ascoltò sempre più meravigliato, incapace di tenere la bocca meno che spalancata. Poi ripensò alla casetta di montagna che aveva attorno, la Jacuzzi e il frigo pieno… non c’era anche un Capichera Vendemmia Tardiva nello scomparto “cantina”?

Si ripromise di controllare subito dopo.

«Sì, troverà il suo vino preferito proprio dove ha pensato » Susanna annuì con entusiasmo «C’è altro che le serve sapere?»

«Che si fa di bello da queste parti, Susanna, oltre a soddisfare i propri… desideri? »

«Di tutto: ci sono gite organizzate ogni giorno, feste, conferenze: Albert ne ha una in programma proprio dopodomani sul paradosso EPR,  dice che stavolta ha risolto il problema dell’entanglement quantistico»

«Albert?»

«Einstein! È un tipo brillante»

«E come faccio a… »

«Puoi chiamare il centralino e farsi mandare un’auto con autista, oppure accendere la TV e seguire la conferenza da casa. Quello che vuoi.» Susanna si guardò un momento attorno e parve non curarsi dei tuoni che lo facevano rabbrividire.

«Ma, senta… senti… » l’ultimo tuono lo aveva fatto saltare sulla sedia «Questo cos’è? Appena ho guardato fuori c’erano quelle nubi infuocate e poi i diavoli, le anime torturate… è l’Inferno quello?»

«Cos… » Susanna restò interdetta solo un istante, poi scoppiò a ridere «l’inferno? Maddai Mario: tu sei ateo, quello è per i cristiani, sai» indicò le nubi minacciose fuori della finestra  «a loro piace così!»

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