Tharamys

A che mi serve l’Occitano?

L’occitano è una “lingua” europea parlata tra la regione dei Pirenei, praticamente tutto il sud della Francia e le valli più occidentali del Piemonte. Di fatto unisce linguisticamente Italiano, Francese e Catalano (spagnolo), mantiene fortissimi legami con il castigliano e la lingua basca.mapa-lengua-occitano

Come lingua si afferma tra il XI e il XIII secolo in europa, proprio in quella Provenza dove trovatori e cantastorie hanno avuto il loro momento di gloria. Per me è stata una mezza sorpresa. Mezza perché da una parte mi aspettavo di trovare una varietà dialettale ampia e variegata quanto quella italiana anche in Francia e in Spagna. Solo col XX secolo, grazie alla diffusione dei mezzi di comunicazione di massa e alla scuola dell’obbligo, si è realmente potuto parlare di “unità linguistica” a livello nazionale. Prima si è sempre trattato di una forma di utopia. Come ho già detto in molte occasioni la “lingua” è innanzitutto uno strumento di comunicazione e deve essere alla portata di tutti, altrimenti cessa di avere la sua funzione. La mezza sorpresa è stata data dal fatto che, appunto, mi aspettavo di trovare una varietà di dialetti francesi, ma non la ricchezza che ho trovato e che vede la Francia tagliata letteralmente a metà tra dialetti occitani e bretoni. Insomma se l’Italia può vantare piccole aree dove si parla una lingua a parte come il sardo o il ladino e più in generale dialetti regionali dove si può scavare a fondo a livello linguistico per ricavare  informazioni su popoli e usanze del passato la Francia contiene al suo interno almeno una seconda nazione: l’Occitania.

È stato appurato che la “Gorgia” toscana, la famosa “c” aspirata di ‘oca-‘ola (coca-cola), ‘asa (casa) e ‘appello (cappello) deriva direttamente dalla lingua etrusca. E adesso mi immagino i fumetti di Asterix e Obelix che nel domandare a un soldato “tu sei romano?” quello risponde ” ‘osa tu dici? Un lo vedi che sono Etrusco?”.

Per tornare “seri” l’occitano, quando ho letto la sua storia e l’intima connessione con la nascita dei trovatori e l’eresia catara, mi ha fatto subito pensare a una lingua perfetta per il fantasy. Uno dei personaggi più legati a questo genere è quello del bardo, colui che canta le gesta di eroi e principesse, fa sognare… insomma è il narratore perfetto per qualsiasi impresa epica. E dunque la lingua dei trovatori è l’ideale per costruire un personaggio che racconta di simili imprese, tra le altre cose. E l’eresia? Be’ i catari sono stati parecchio vessati prima di essere spazzati via, anche se non sono mancate azioni violente anche da parte dei catari contro i cattolici. Però l’idea della minoranza perseguitata legata alla lingua parlata era troppo ghiotta e tanto vicina al viaggio di Bertrand de Malichar da essere, per me, irresistibile.

Il tutto nasce dal fatto che, nell’antichità, i Maorni (un altro dei popoli che affollano il continente di Adra) parlavano una forma di latino. Chi ce lo ha portato, il Latino, su Tharamys è questione di un altro articolo ancora da scrivere. Quello che conta è che a seguito del crollo del “Primo Impero Maorni” avvenuto nel 980ec ad opera della “Grande Invasione” che segna l’inizio dell’era Dei-Talant il latino, o quel che fu, era diffuso in tutta la regione sud-orientale di Adra (il continente dove si svolgono le avventure di Conrad). Non che fosse granché come superficie: andava dalla penisola di Haeperis situata nell’angolo sud-orientale e centrata su Reub, la capitale maorni e correva lungo il bordo meridionale del continente fino alla regione di Levot che era impestata da orchi, viverne e altre creature troppo pericolose. Solo gli Etsiqaasit riuscivano a spravvivere da quelle parti e solo perché lo spirito di Ogofedairp li protegge fin da quando si sono insediati sull’altopiano di Etsiqaar, ben prima dell’arrivo dei Maorni.

Del resto le differenze linguistiche tra etsiqaasit e maorni sono abissali, ma d’altro canto è anche differente l’origine dei due popoli.

Con la caduta dell’impero maorni l’unità linguistica già debole, cadde del tutto. Le province dell’impero, tenute unite dalla forza militare prima ancora che da altro, si separarono divenendo unità politiche autonome che opposero una fiera resistenza contro gli invasori e i loro alleati. Di fatto scoppiò una vera e propria guerra civile dato che i Dei-Talant erano soliti asservire magicamente i loro sottoposti e trasformarli in schiavi dotati di una piccola quantità di arbitrio che cresceva al crescere della fiducia della razza padrona. Che, per inciso, non era umana. L’aspetto di un Dei-Talant non lo conosce nessuno, se non quegli sfortunati che diventano il loro pasto… e per ora credetemi sulla parola: è molto peggio di come la immaginate.

La caduta del primo impero creò tre aree geografiche distinte: la penisola di Haeperis dove sarà rifondata una sorta di repubblica che poi darà origine al secondo impero Maorni, il bacino del Nacal-Dengar dove sorgerà Kirezia e il sub-continente di Lleendir che delle tre aree sarà la prima a sperimentare gli effetti dell’isolamento dalla madrepatria, prima forzato a causa delle milizie dei-talant e poi voluto. La deriva linguistica tramuterà, nel corso dei secoli, complici i contatti con le vicine isole di Pelagòs e con gli elfi che, come il prezzemolo, vanno a piantare i loro domodendri un po’ ovunque, la lingua che evolverà fino a diventare una sorta di spagnolo a metà strada tra il catalano e il castigliano. Sul perché è presto detto: a me serviva e dato che la deriva linguistica può solo essere studiata, ma non prevista… cioè non è possibile prevedere con precisione come evolverà nei secoli una lingua, ma si può ricostruire cosa le sia accaduto, ho arbitrariamente deciso di far andare (dal punto di vista linguistico) le cose come piaceva a me. Alla fine dei conti sono io il demiurgo.

D’altro canto seminare le lingue “ad mintula canis” è stupido e va a minare la coerenza dell’ambientazione, così… così… ecco che il buon Bertrand si ritrova, intorno al 1200ec in una situazione piuttosto spiacevole. Il neonato regno di Lleendir (pronuncia: yēndir) aveva un bel po’ di problemi, tra cui una carenza di maghi con cui combattere gli incursori dei-talant, che tentavano di stabilire una testa di ponte sull’isola principale, i pirati di pelagòs (i contatti di cui sopra: mai detto che fossero amichevoli) e gli elfi stessi che con la loro magia rappresentavano una spina nel fianco per il potere costituito. Per sopperire a tale mancanza furono istituiti dei luoghi dove formare i maghi, a ogni costo e fu varata la “Loi de la bonescòle” tutt’ora in vigore se pur con alcune modifiche che la rendono meno sanguinaria. Essa prevedeva che un figlio a famiglia andasse a studiare la magia, se la famiglia aveva il padre o la madre utenti di magia il numero raddoppiava fino a prendersi tutti i figli se a essere maghi erano entrambe i genitori.

Il problema era dato dai rischi che lo studio e la pratica delle arti magiche comportano: l’incantatore, quando non è guidato da una divinità, rischia di fare una brutta fine.

Proprio a causa di questa legge Bertrand e un numero piuttosto grande di suoi seguaci fuggì da Lleendir andandosi a stabilire dove sappiamo. Le migrazioni da Lleendir furono diverse e queste introdussero la variante linguistica delle isole di Vasconne (là dove viveva Bertrand) nel continente dove ricevette ulteriori strati dovuti ai contatti con i le popolazioni locali fino ad ottenere quella sorta  meta-francese parlato tra i principati di Malichar, il mezzo-spagnolo di Lleendir (olè) e il Kireziano (la lingua del lettore che in questo caso è l’italiano) con l’occitano che fa da substrato e legante filologico tra le varie parlate. Non è elegante come il sistema linguistico che Tolkien ha creato per la Terra di Mezzo, ma… oh, funziona.
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